CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







lunedì 6 luglio 2015

Una felicità possibile


Di ritorno dal Cairo, Flaubert scrisse ad un amico: "Ho acquisito la certezza che le cose previste accadono di rado". Nelle città del Mediterraneo è spesso così. Non trovi mai davvero quello che eri venuto a cercare. Forse perché questo mare, i porti che ha generato, le isole che culla, le linee e le forme delle sue rive rendono la verità inseparabile dalla felicità. L'ho scoperto a casa mia, a Marsiglia. Vicino alla baia des Singes, ben oltre il porticciolo di Les Goudes, all'estremità orientale della città. Ore e ore a guardar passare nello stretto di Les Croisettes le barche di ritorno dalla pesca. E' qui, e in nessun altro posto, che queste mi sembrano sempre le più belle. Ore e ore ad attendere quel momento, più magico di qualunque altro, in cui un cargo entrerà nella luce del sole al tramonto sul mare e vi scomparirà per una frazione di secondo. Il tempo di credere che tutto è possibile. Mi ricordo di una giornata sul punto di finire, a Orano. Avevo abbandonato il tumulto del centro e me n'ero andato a inerpicarmi su per la collina del Planteur. Fino a Santa Cruz. Più salivo, più l'orizzonte si allontanava. Il cielo si apriva. Scoprivo la città, poi la città e il mare e la montagna di Tlemcen. Non so cosa ero venuto a cercare a Santa Cruz, quel giorno. Ma quello che trovai lì mi andò bene. La quiete. Forse perché mi era bastato chiudere gli occhi perché il paesaggio mi entrasse dentro fino a diventare mio. Allora ho capito che sarebbe rimasto in me ovunque fossi andato. Ho capito dopo, in altri porti, in altre città di questo Mediterraneo, che sarebbe stato sempre così. Che quello che avevo scoperto non era il Mediterraneo preconfezionato che ci vendono i mercanti di viaggi e di sogni facili. Quello che offriva, che mi offriva il mare non era nient'altro che una felicità possibile. Di sicuro, anche altrove, sarebbe stato sempre così. E così, nel corso degli anni, mi sono creato una geografia delle felicità possibili. In questa geografia rientra Biblos dove  Yazid, un pescatore incontrato nel porticciolo, mi aveva raccontato la leggenda di Adone. Così come le mie passeggiate liguri alle Cinque Terre, dalla punta Mesco alla punta San Pietro. Mi ero lasciato condurre da paesino a paesino: Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore. Evocare quei nomi era già una felicità. In paesini così piccoli non ci si può perdere, eppure è questo il vero piacere, smarrirsi nel labirinto in cui si sovrappongono su più livelli viuzze buie, strette, a volte fatte solo di scale. A un certo punto, si sa, torneremo verso il mare. Per forza. Tutti i paesini costruiti in fondo alle cinque vallate danno risolutamente le spalle alla montagna e stanno di fronte al Mediterraneo. Per molto tempo fu possibile arrivare qui solo in barca. D'altronde, la memoria del mare sembra incisa negli scafi delle barche quando, di ritorno sul greto per una mano di vernice, mostrano, attaccata alla prua, una conchiglia.
 
(Jean-Claude Izzo, Mediterraneo delle felicità possibili)


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