CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







martedì 27 settembre 2016

Io dal mare


Saranno stati scogli di carbone dolce
Dentro il ferro liquefatto
Di una luna che squagliò un suo quarto
Come un brivido mulatto
O un bianco volar via di cuori pescatori
Acqua secca di un bel cielo astratto
Chissà se c'erano satelliti o comete
In un alba senza rughe
Larghe nuvole di muffa e olio
Appaiate come acciughe
O una vertigine di spiccioli di pesci
Nella luce nera di lattughe
E io
Dal mare venni e amare mi stremò
Perché infiammare il mare non si può
Avevi forse nervi e fruste di uragani
Scure anime profonde
Tra le vertebre di vetro e schiuma
Urla di leoni le onde
O tende di merletto chiuse su farine
Corpi caldi di sirene bionde
Forse era morto senza vento nei polmoni
Graffio di cemento bruno
Barche stelle insonni a ramazzare
Nelle stanze di Nettuno
O turbini di sabbia tra le dune calve
Sulle orme perse da qualcuno
E io
Dal mare ho il sangue e amaro rimarrò
Perché calmare il mare non si può
I miei si amarono laggiù
In un agosto e un altro sole si annegò
Lingue di fuoco e uve fragole
Quando il giorno cammina ancora
Sulle tegole del cielo
E non sembra sedersi mai
E innanzi al mare ad ansimare sto
Perché domare il mare non si può
E come pietra annerirò
A consumare
A catramare
A tracimare
A fiumare
A schiumare
A chiamare
Quel mare che fu madre e che non so...

(Claudio Baglioni, Io dal mare)

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