CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







mercoledì 4 maggio 2022

Tlos - Xanthos - Patara


Svegliati presto e fatto i biglietti aerei per il rientro a Riad, il 16 maggio. Vorremmo affittare un auto per visitare un poco la zona, ma Farouk non ne vuole sapere. Insiste per accompagnarci lui con la sua auto che Jan, suo figlio, gli ha portato espressamente ieri sera da Gocek. Ci diamo appuntamento verso le 10 e sul suo minivan Volkswagen ci dirigiamo, risalendo le pendici della catena dei Tauri, verso l'antico sito di Tlos. Questo è stato uno dei più importanti centri religiosi della Licia e, secondo la mitologia greca, la patria di Bellerofonte e del suo cavallo Pegaso. La necropoli, edificata sulle falesie è costituita da molte tombe a tempietto tipiche di questa regione. La città subì gravi devastazioni durante uno dei tanti terremoti che da sempre hanno caratterizzato questa zona e venne riscoperta dall'esploratore inglese Charles Fellow nel 1838. Di essa oggi si possono ammirare l'acropoli, scavata nella roccia e l'anfiteatro, che vediamo entrambi da lontano. Da Tlos, lungo una stretta strada nella foresta ridiscendiamo verso Saklikent, località famosa per un canyon lungo una ventina di chilometri e percorso da un torrente dall'acqua freschissima. Dove il canyon finisce e il torrente si allarga nella pianura vi sono una serie di ristoranti con i tavoli disposti all'ombra di alcuni alberi, che beneficiano della frescura generata dall'acqua che gli scorre accanto. La trota è il piatto tipico del luogo che, essendo oggi vacanza, è frequentatissimo. Percorsi un'altra trentina di chilometri arriviamo al sito di Xanthos. La storia di questa città è veramente tragica. Sia Erodoto che Appiano ne descrivono la conquista fatta da Arpago per conto dei Persiani intorno al 540 a. C.. Secondo lo storico greco i Persiani, dopo aver sconfitto l'esiguo esercito licio nelle pianure a nord della città, la assediarono a lungo. Una volta compreso che la situazione stava volgendo al peggio, i Liciani, dopo aver distrutto la propria acropoli, uccisero le proprie mogli, i figli e gli schiavi, dopodiché iniziarono un attacco suicida contro le truppe degli assedianti. Morì l'intera popolazione. Un analogo suicidio di massa sembra avvenne alcuni secoli più tardi durante le guerre civili romane attorno al 42 a. C. quando Bruto attaccò nuovamente la città. Una storia davvero funesta. Di Xanthos oggi si possono vedere una parte dell'anfiteatro, le mura e un tratto della strada in blocchi di pietra che dava accesso alla città. Camminare su questi ultimi, con il sole di mezzogiorno che si riflette sulle pietre bianche, è accecante. Dopo Xanthos ci dirigiamo verso la limitrofa Patara. Questa fu, grazie al suo porto naturale, una fiorente e ricca città marittima e commerciale. Famosa nell'antichità per il suo oracolo di Apollo, secondo solo a quello di Delfi, nei secoli fu conquistata da Alessandro Magno, dai Greci, dai Romani ed è anche menzionata nel Nuovo Testamento come il porto in cui transitarono gli apostoli Paolo e Luca. La città divenne sede vescovile per molti secoli. Durante il periodo bizantino rimase un importante centro all'incrocio tra oriente e occidente per venire poi abbandonata, probabilmente a causa dell'insabbiamento del suo porto. Oggi se ne possono vedere le rovine, alcune delle quali, come l'anfiteatro, restaurate in modo molto discutibile. Gli antichi blocchi di pietra sono stati infatti puliti all'eccesso, con l'effetto di rendere il luogo una specie di set cinematrografico. Accanto a Patara si trova una lunghissima spiaggia di sabbia da dove si possono vedere le pessime condizioni del mare. Onde altssime, provocate da un vento che supera abbondantemente i quaranta nodi, si infrangono sulla spiaggia. E' l'attesa burrasca. La cosa folle è che in questo scenario vediamo una barca a vela che sta cercando di risalire il vento a motore. Avanza ad una velocità risibile, comparendo e scomparendo tra le onde a circa trecento metri dalla spiaggia. Il che significa che se il motore si dovesse fermare, con questo vento essa si troverebbe spiaggiata in un men che non si dica. Ma ciò che è ancora peggio è che nel caso questa eventualità accadesse un po' più a nord, dove la costa diventa rocciosa e senza approdi per una ventina di miglia, verrebbe messa a rischio non solo la barca ma l'incolumità dell'intero equipaggio. Una vera imprudenza, per usare un eufemismo. Restiamo ancora un poco a guardare la sofferenza di quella povera barca e poi ce ne andiamo. Pranziamo in un ristorante dove non servono alcolici nel villaggio limitrofo. La cucina casereccia è buona, ma pranzare bevendo acqua mi fa tristezza. In macchina raggiungiamo un'altura dove la strada si affaccia sull'ampia baia di di Kalkan, l'unico ridosso in questo tratto di costa. Il rientro a Fethiye lungo la strada statale è da paura. Nonostante gli ripeta più volte di andare piano, Farouk continua imperterrito ad effettuare sorpassi da brivido. Non so come, ma riusciamo a farla franca. In città facciamo un salto da Migros a fare un po' di spesa e poi rientriamo al Marina. Sulla nostra dritta è arrivato un Bavaria Cruiser 41 con a bordo un gruppo di russi. Facciamo la conoscenza dello skipper, Vitaly, un signore gentile che aiutiamo a recuperare un po' di trappa che gli ormeggiatori avevano lasciato troppo lasca. In porto entra un altro charter con il genoa completamente stracciato. Gli oltre 40 nodi odierni non hanno perdonato chi imprudentemente è uscito in mare. In serata facciamo la conoscenza di Carolina, una delle ragazze polacche che compongono l'equipaggio dell'Hanse 50 sulla nostra sinistra. Adora l'Italia e parla abbastanza bene la nostra lingua, imparata in un soggiorno di alcuni mesi a Firenze. La sera siamo stanchi e con il vento che sibila forte tra gli alberi e le sartie delle barche in porto ce ne andiamo a dormire appena fa buio.
 
(Giornale di bordo)

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