CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







giovedì 18 agosto 2022

Sveti Ivan (e lo “scoglietto” di Sveti Petur)


 

E comunque tu non c’eri ancora, dunque come siano andate le cose non lo sai. Le tue ironie su questa notizia puoi risparmiartele. Dovrei farle io, semmai, che le ho viste capitare una a una, ma come vedi non dico niente. Che le ossa ritrovate in quella cassetta siano o no del santo Giovanni Battista, decapitato da Erode per la lugubre libidine di quella Troia di Salomé, tu non lo sai, perché il giorno in questione, tanto tempo fa, non eri nato, e io francamente speravo non saresti nato mai. Mi ci mancava un terremoto quasi duecento anni fa… Non ti dico la sorpresa quando dopo il caos ti ho visto sotto dalle acque. Per me sei uno scoglio, tra l’altro, e se qualcuno ti ha chiamato Isola di San Pietro, dandoti un ruolo geografico che tu insisti a sottolineare, a me non frega proprio niente. Non è che se uno scoglietto quello lo chiami Sicilia quello diventa più grande, eh… Vedi, non sai neanche cos’è la Sicilia, la più grande di tutte noi, sei di un’ignoranza giustappunto abissale… Potresti almeno essere umile, silenzioso, e ascoltare. Sopporto già male la tua presenza, piccolo, inutile, e come tutti i giovani sfrontato e irriverente. Tu eri qui quando arrivarono i Traci, i primi a mettermi piede addosso? No, non sai neanche chi siano i Traci, dunque non sai cosa ti sei perduto. No, non ho voglia di raccontartelo, tanto meno stamattina, con questo scirocco così inusuale da queste parti, che mi solletica la schiena e fa sbadigliare tutti i mitili che ho attaccati alle rive. E poi cosa dovrei raccontarti? Non sai cosa sia un esercito, non sapresti quindi apprezzare l’organizzazione dei Romani, hai visto solo qualche militare bulgaro, tu, quelle divise verdi così mal fatte, quegli stivalacci di cuoio e la sciatta cialtroneria della modernità. I Romani… loro sì che erano eleganti, tutti uguali, perfettamente ordinati, mantelli viola per la guardia scelta, rossi per gli ufficiali, e si muovevano come un sol uomo, mi pestavano la schiena con quella forza tipica della civiltà umana nelle epoche in cui crede in qualcosa. Solo per raggiungermi costruirono chiatte enormi, e vi misero sopra perfino delle vele per coprire la minima distanza che mi divide dalla terraferma. Un lavoro così meticoloso per raggiungere un isolotto da niente come me… Tu ridi, senza neppure renderti conto che sei una superficie irrisoria, nato ieri geologicamente parlando. Ma riderò io quando per secoli ti accorgerai di restare solo, senza neanche un bagnante tuffarsi in mare dalle tue stupide rocce. Riderò, e tu piangerai, perché non hai ancora capito quanto è triste il destino delle isole, sole nel mare. Io ho temuto per ere lunghissime che nessuno mi raggiungesse. Ho visto muoversi i primi animali mastodontici, poi sono stata collegata al continente durante la glaciazione, tanto da dimenticarmi di essere separata. E quando tutto si è sciolto, per millenni ho osservato con cupidigia i primi uomini sulla costa. Ecco perché ne parlo, perché la gioia dell’arrivo dei Traci me la ricordo, sentivo i loro cuori attraverso le palme dei piedi scalzi sui miei prati, il profumo dei loro arrosti di coniglio o di pesce. E la magnificenza dei Romani, come ti dicevo, la loro bellezza e simmetria. Mi costruirono perfino un faro, rimasi di stucco, una costruzione elegante, tutta fatta con le mie pietre, e quella luce di notte che mi teneva compagnia. Qualunque nave transitasse mi vedeva! E non sai quante sberle in meno mi sono presa, quanti naufragi addosso ho evitato. Anche un tempio ad Apollo ho avuto! Statue di bronzo alte 15 metri, e perfino i monaci cristiani sono arrivati, con i loro canti affascinanti del mattino e della sera. Una basilica, le celle dei monaci, un palazzo e le mura fortificate. Fu l’epoca di maggior splendore, facevo un figurone vista a distanza. Qui arrivava gente, mica come oggi. Darei qualsiasi cosa pur di vedere anima viva, e se tu oggi hai almeno la possibilità di vedere gli aerei in cielo, le navi veloci che sbuffano e avanzano anche contro la burrasca, i motoscafi che fanno sci d’acqua d’estate, non saprai mai cosa siano la solitudine e l’orgoglio. Io ebbi paura solo quando arrivarono gli Ottomani, nel XV secolo. Spaccarono tutto, buttarono giù la basilica, mura, quel che restava del farò, sparsero pietre dovunque, mi bruciò il dorso di roghi per giorni e giorni, tornai una landa semideserta. Una devastazione senza pari. Quando se ne andarono, me lo ricordo bene, mi parve d’impazzire. Il silenzio assoluto me lo ero dimenticato. Che tristi giorni per me. Altrove lo chiamarono Rinascimento, ma qui non si vide rinascere niente. Semmai morire… Ci furono altri anni di vita e di avventure, non lo nego. I pirati Cossacks mi stavano simpatici, lo devo ammettere. Erano assassini e veri manigoldi, ma tutte le sere facevano festa, i fuochi mi riscaldavano, adoravano spassarsela con le donne che rapivano in giro, e direi che alcune di loro, che pure facevano quelle “ no, no, no…”, alla fine se la godevano. Forse sono superficiale, ma ho sentito che qualunque cosa è meglio della noia, dei giorni senza tempo. Non era così anche per me? Meglio violentata dagli eserciti che abbandonata a vagare per la mia immobile solitudine. E infatti di combattimenti ne ho visti, fino all’ultima guerra turco-russa. Poi, la notte del cataclisma, a metà Ottocento, quando sei venuto fuori senza che nessuno te lo chiedesse. Un bel terremoto, e un maremoto che quasi mi ha coperta d’acqua. Di sommovimenti terrestri ne ho vissuti tanti, e ammetto che mi piacciono da morire: ti sembra di muoverti, e di mezzo metro in effetti ti sposti. Provi la gioiosa letizia di navigare, come dovessi salpare per chissà dove. Non c’è niente di più affascinante di un centimetro di movimento per chi è condannato da sempre all’immobilità. Ad ogni modo, rievocare con te quel che tu non hai le categorie per apprezzare è inutile. Ora questa notizia che il tipo che mi seppellirono addosso potrebbe essere addirittura San Giovanni Battista a me riempie d’orgoglio. Che si trattasse di lui, quando me lo portarono già stecchito, solo ossa e polvere, io non lo avevo compreso. Mi parve una cerimonia piuttosto sobria, e mi sa tanto che questi archeologi si sbagliano. Ma non m’importa, come non importa a loro alla Chiesa. Verranno studiosi, porteranno macchinari, ci sarà da divertirsi. E poi sono finita già sui giornali, c’è la mia foto su centinaia di siti internet. Cosa sia internet te lo spiego un’altra volta. Ti faccio solo notare che se qualcuno ti conosce lo devi a me. Non fosse altro che per questo, dovresti mostrarmi un po’ di gratitudine. Ma che ci parlo a fare con uno scoglietto…


(Simone Perotti, Atlante delle isole del Mediterraneo)

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