CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







sabato 14 maggio 2011

Languore


C'e' sul mare, un fenomeno selvaggio che potrebbe essere chiamato l'arrivo dei venti del largo. In ogni stagione, specialmente all'epoca delle congiunzioni lunari, nel momento in cui ci sarebbe meno da aspettarselo, il mare e' repentinamente preso da una strana tranquillita'. Quel prodigioso moto perpetuo si calma: c'e' una specie di assopimento; il mare cade in languore; sembra che stia per prendere riposo; lo si potrebbe credere stanco. Intanto la serenita' del cielo e dell'oceano perdura. La cupa visione del possibile latente e' impedita all'uomo dalla fatale opacita' delle cose. La piu' temibile e la piu' perfida tra tutte le apparenze e' la maschera dell'abisso. Sui volti dei vecchi marinai si accentua un'espressione di severita' provocata dall'intima collera dell'attesa. A un tratto si ode un gran mormorio confuso. C'e' nell'aria una specie di dialogo misterioso. C'e' qualcuno dietro l'orizzonte. Qualcuno che e' terribile: il vento. Il vento, cioe' quel popolo di Titani che chiamiamo Soffi. Da dove vengono? Dall'incommensurabile. Alla loro ampiezza e' necessario il diametro dell'abisso. Le loro ali smisurate hanno bisogno dell'indefinita distesa delle solitudini. La cosa spaventevole e' che essi giocano. Hanno una colossale gioia composta di tenebre. Manipolano, quasi avessero milioni di mani, la cedevolezza dell'acqua immensa. L'acqua e' cedevole perche' e' incomprimibile. Scivola sotto lo sforzo. Compressa da un lato sfugge dall'altro. E' cosi' che diventa flutto. L'onda e' la sua liberta'.


(Victor Hugo, Il lavoratori del mare)

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