CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







mercoledì 20 giugno 2012

Superstizioni


La vita di mare è perennemente scandita da una moltitudine di riti scaramantici, superstizioni, esorcismi. Un approccio inevitabile per chi vive a contatto e in balia della più classica e tradizionale "forza della natura", incontrollabile e selvaggia.Sin dai tempi antichi il processo di identificazione automatica degli eventi con le manifestazioni degli umori di entità sovrannaturali era invalso nei marinai e nei pescatori come in generale nelle popolazioni costiere e isolane. Uno dei maggiori catalizzatori di riti apotropaici è senza dubbio la meteorologia, che con i suoi capricci costituisce una delle variabili più incisive sulla vita dei popoli "marinari". Il vento, anticamente incarnato nella figura divina di Eolo, è una delle componenti principali del quadro fatalistico cui i marinai e i pescatori sono soggetti loro malgrado. Particolarmente intrigante oltre che variegato è l'armamentario di "contromisure" utili a contrastarne le insidie, tramandate di generazione in generazione. Contro il "demone" del vento sono schierati molti santi "specializzati", secondo le credenze popolari, nel contrastarne la malvagia opera. Tra i principali, ricordiamo San Nicola, San Clemente, Sant'Antonio da Padova, San Vincenzo, Sant'Elmo, e finanche San Pietro. Fino alla fine dell'800, peraltro, invocare la protezione divina era anche abitudine scozzese. Gli abitanti costieri di quella parte del Regno Unito erano soliti riunire dei gruppi di preghiera che recitavano novene "a catena", senza interruzione, fino al ritorno di chi era andato in mare. La mitologia mitteleuropea, quella tedesca in particolare, identificava la causa dei terribili venti della tempesta con il volo dei diavoli che portavano con loro le anime degli impiccati. Solo la sepoltura dei giustiziati poteva placare la loro ira. Sulle coste della Bretagna i fautori della tempesta erano i Tud-Vor, demoni neri che corrono sulle onde, o i Cornandoned, orridi gnomi del mare. Gli uccelli marini sono a loro volta oggetto di molte superstizioni, in particolar modo nei paesi nordici, dove gabbiani e albatros sono ritenuti suscitatori di tempeste. Ucciderli scatenerebbe la loro ira funesta, essendo essi incarnazione delle anime dei marinari periti in mare. Partendo da questa credenza molte altre sono le credenze legate al volo degli uccelli: tre uccelli in volo su una imbarcazione indicano, nella cultura mediterranea, un presagio di morte, mentre il cormorano che asciuga le sue piume è in attesa di ricevere ed ospitare l'anima di un marinaio perito tra i flutti. Curiosamente, tutte le culture concordano nell'assegnare al Martin Pescatore qualità taumaturgiche, tanto che le sue spoglie vengono utilizzate come amuleto. Altra causa delle tempeste sono le streghe, capaci di generare buriane incredibili nei modi più impensati. Da un compendio delle leggende in materia si apprende che i sistemi classici per le megere vadano dal mero agitare il proprio fazzoletto al versamento di schiuma di sapone in mare poi immediatamente agitato con la suola delle loro scarpe. Altrimenti esse potevano produrre la tempesta frustando l'acqua con una cima, quando non mescolando i tradizionali intrugli nel loro calderone nel corso di un tranquillo sabbah demoniaco. Secondo alcune culture, le streghe potevano invece avere anche influssi positivi utili a calmare la furia del mare, donando amuleti e talismani funzionali alla causa. In particolare in Bretagna il marinaio più giovane e bello della comunità poteva spezzare la furia dei flutti gettandovi nel mezzo frecce magiche ottenute proprio dalle streghe. Presso gli antichi popoli del Mediterraneo, le tempeste potevano anche essere prodotte dalla morte di un uomo rinomato, anche se per le cause più disparate. Che fosse un uomo particolarmente probo, un politico o un criminale, Plutarco spiega che l'anima liberata creava un disequilibrio nell'armonia del vento, l'elemento dalla consistenza più vicina ad essa. Altri rimedi antichi potevano essere l'offerta della capigliatura come segno di contrizione e sottomissione al volere del dio irato o gettare in mare dell'olio o anche dei gioielli o oggetti preziosi, a pagare un tributo. Assai peculiare era il divieto assoluto di tagliare invece i capelli durante la navigazione in condizioni meteorologiche favorevoli, in quanto il gesto era considerato tabù. Le tecniche diventano ancora più creative quando si trattava di debellare una tromba d'aria. Secondo un'antica teoria siciliana, una prima strategia prevedeva una sequela di bestemmie utili ad ingraziarsi il demone generatore del fenomeno, che finiva per calmarsi. Una volta attratto surrettiziamente, il demone veniva "colpito" in contropiede dalla recitazione del "Padre nostro". L'intera procedura era enigmaticamente definita del "Padrenostro verde", senza ulteriori spiegazioni sul riferimento cromatico introdotto. Lo spirito maligno, causa efficiente della tromba d'aria, ha differenti raffigurazioni a seconda delle aree geografiche. In Sicilia, esso è una donna nuda dai capelli sciolti, "Draunara", che provoca i venti agitando i suoi capelli. In Istria è "El Sion", un vecchio stregone del mare. In varie zone è il "foletto marin", che solo le invocazioni a Santa Barbara sono in grado di domare. Nelle Marche, la tromba marina è identificata con una nuvola soprannaturale denominata "Sciò", composta di un milione di anime venute a vendicarsi per i torti subiti dai marinai. A parte le preghiere, un curioso antidoto contro le trombe d'aria consiste nel "tagliarle" con un coltello o una spada. Leggenda vuole che Cristoforo Colombo abbia salvato la sua flotta in viaggio verso il nuovo mondo da una tromba d'aria che aveva già conchiuso le navi tracciando nell'aria una croce con una spada e poi recitando una preghiera. In Istria, le contromisure contro il "Sion" prevedono che un primogenito tracci sulla punta della barca una stella a sei punte. L'elenco è ancora lungo. Ben più lungo di quanto lo spazio consenta. Tutto cìò che rimane da fare è congedarsi sottolineando che, come al solito, il mondo è bello perché vario. Soprattutto quello delle tradizioni marinare.

(Carlo Arico', Scritti)

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