CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







martedì 20 gennaio 2015

Napuka, le isole della Delusione



Quando il 28 novembre 1520 raggiungono il grande oceano e fanno rotta verso nord-ovest, il capitano Ferdinando Magellano annuncia che impiegheranno un mese al massimo per arrivare alle isole delle Spezie. Ma ben presto non ci crede più nessuno. Per settimane non vedono terra. L'oceano è perfettamente calmo, cosicché lo chiamano "mare pacifico". E' come se si fossero aperte le porte dell'eternità e loro si dirigessero lì, dritti dritti. Ben presto l'ago della bussola non ha più abbastanza forza per indicare il nord e l'equipaggio non ha più cibo a sufficienza: le gallette sono ridotte in polvere, sfatte dagli escrementi di topo e dai vermi, l'acqua potabile è una brodaglia gialla e putrida. Per non morire di fame mangiano segatura e pezzi della pelle che avvolge i pennoni per proteggere le funi. Lasciano a bagno quella pelle dura come pietra nell'acqua di mare per tre, quattro giorni, in modo che si ammorbidisca e poi la arrostiscono sul carbone e la mandano giù..... Quando, dopo cinquanta giorni, avvistano finalmente la terra, non scoprono un fondale dove gettare l'ancora; le scialuppe che sbarcano sulle isole non trovano niente che possa placare la fame o la sete. Le chiamano "isole della Delusione" e proseguono il loro viaggio. Lo scrivano di bordo, Antonio Pigafetta, annota:" Sono convinto che un tale viaggio non sarà intrapreso mai più."

(Judit Schalansky, Atlante delle isole remote)

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