CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







domenica 15 ottobre 2017

La letteratura delle barche


Naturalmente né il mare né la barca sono simboli univoci ed immutabili. Il mare, per sua natura fluido, inafferrabile, mutevole, sfugge ad ogni tentativo di schematizzazione o semplificazione. Quanto alla barca è la sua stessa ramificazione in una varietà di tipologie diverse ad esaltarne la capacità quasi proteica di assumere molteplici significati metaforici. Non è questa la sede per analizzare come alle mutazioni subite dalla barca nel corso dei tempi si siano accompagnate analoghe variazioni nella sua rappresentazione letteraria. Ci limitiamo ad osservare che per lungo tempo fino ad epoche relativamente recenti le barche sono state viste prevalentemente come luoghi di pena, in cui un'umanità marginale e infelice affronta i pericoli di un ambiente ostile: "ships are homes of sadness" recita con desolata amarezza l'anonimo autore del Seafarer, la prima opera letteraria di mare del mondo anglosassone. Anche nell'epoca dei viaggi di scoperta la barca è ancora uno strumento e il mare meramente uno spazio in cui si è costretti a spostarsi per commerciare, conquistare nuovi mondi o combattere. Solo con il romanticismo esso diventa nell'immaginario collettivo quello che per molti aspetti ancora oggi rimane, lo specchio delle aspirazioni e delle inquietudini dell'uomo. E' il periodo dei grandi velieri, che non a caso sono al tempo stesso l'espressione più alta della costruzione navale e dell'arte del navigare e i protagonisti delle maggiori opere letterarie dedicate al mare. Se il mare è il luogo della sfida, la nave a vela è, con la sua particolare struttura sociale, con i riti e i valori che ne regolano l'esistenza, il teatro ideale della formazione del carattere, e imbarcarsi è una tappa quasi iniziatica nel processo di maturazione individuale. Con il tramonto dei grandi velieri, che lasciano il mondo accompagnati dal lirico e accorato epitaffio di Conrad, la navigazione cambia e, con essa, anche l'immagine che se ne riflette nelle opere degli scrittori. Navi sempre più grandi solcano gli oceani: capaci di muoversi senza dover ricorrere alla forza del vento sembrano quasi indifferenti agli elementi naturali che le circondano. Per il transatlantico la minaccia non arriva più dal mare ma è tutta al suo interno. Nasce, come per una città, dal suo essere labirintico e tentacolare. Sotto questo aspetto la letteratura delle grandi navi ha poco a che fare con il mare. La grande tradizione marinaresca e letteraria dell'Ottocento sopravvive forse in modo più autentico nelle opere che hanno a protagonista un nuovo tipo di natante, la piccola barca da diporto. Il graduale diffondersi a partire dalla seconda metà dell'Ottocento di navigazioni impegnative affrontate a bordo di yacht di modeste dimensioni, con equipaggi ridotti o spesso addirittura in solitario, offre lo spunto a una letteratura la cui materia prima è fornita dai diari di bordo, rielaborati talvolta con l'aggiunta di elementi romanzeschi e di fantasia, oppure arricchiti di considerazioni filosofiche e osservazioni personali. E' una letteratura minore, in cui sono rari i veri capolavori, ma ciò che qui ci interessa sottolineare è la forte connotazione metaforica che, più o meno consapevolmente, in queste opere assume la barca: in contrasto a un mondo i cui valori appaiono sempre più estranei, essa è il luogo in cui si può essere totalmente padroni di se stessi e della propria vita, lo strumento per l'affermazione della libertà e per la realizzazione del sogno. Giustamente è stato anche rilevato come le forme di una piccola barca richiamino la simbologia della culla o del guscio, facendone spazi protetti dalla realtà circostante oltre che dagli elementi naturali, in cui è possibile ritrovare il calore e la sicurezza dell'infanzia. L'esperienza del navigare non è più vissuta come un processo di maturazione, il passaggio dalla sottile linea d'ombra al di là della quale inizia la vita adulta, ma piuttosto come una vera rinascita, il cui primo passo è il ritorno all'infanzia.

(Paolo Lodigiani, Scritti)

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