CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







mercoledì 2 dicembre 2020

Jean



Ci sono regate e regate. Ci sono regatanti e regatanti. Ci sono quelle a bastone, con monotipi tutti uguali che durano qualche ora, il cui solo scopo è la performance sportiva. Ci sono quelle un po’ più lunghe, che durano uno paio di giorni e che occupano flotte eterogenee di diportisti che assoldano professionisti con l’obiettivo di vincere o che partecipano per il gusto di competere e poi avere un invito agli aperitivi al club, per fare parte, almeno per qualche ora, del “mondo della vela”, farsi una foto con il personaggio di turno, raccontare a casa le difficoltà affrontate, gli ingaggi in boa, le precedenze non rispettate (dagli altri, di solito...), la perfezione della randa nuova in carbonio all’ultima moda. In queste occasioni ci sono quelli che sanno solo criticare le manovre, degli altri, e la fortuna sfacciata che li ha fatti arrivare davanti, immeritatamente, gli altri. E poi ci sono quelli che vivono per il mare e ne hanno profondo rispetto. Navigatori prima che sportivi. Marinai prima che atleti. Sono quelli che dopo aver regolato al meglio le loro vele danno uno sguardo all’orizzonte e ringraziano il cielo di essere così bello. Sono quelli che certo vogliono vincere, ma che se un avversario ha un problema prima va aiutato, salvato. Sono quelli che condividono nella loro pancia e nel loro cuore la paura e la preoccupazione dei loro competitori e, al bisogno, la fanno propria. È una stirpe di marinai che si misurano con la vastità del mare e la profondità della loro anima. Chichester, Colas, Tabarly, De Kersauson, Knox-Johnston, Blake e più recentemente altri, per lo più francesi o anglosassoni, ma anche italiani. Regate ne ho fatte alcune, di ogni tipo e senza grandi risultati. Non mi si confanno e non sono capace. Navigo in altro modo. Le mie regate sono contro l’avversario che è in me e che ancora non riesco a battere, sempre che sia quello l’obiettivo da raggiungere.  Ma devo a loro, ai marinai della Ostar e della Vandée Globe, la spinta verso il largo e l’orizzonte. E devo al loro esempio le lezioni sulla tenacia, la costanza, la pazienza, la determinazione, il rispetto, la ricerca della perfezione del gesto “nautico”: non per vincere, nel mio caso, ma per essere in armonia con la barca e con il mare. Quello che accade in questi giorni, in questa navigazione mondiale che per oltre la metà si corre in quello che è definito “il Mare dimenticato da Dio” (e vi assicuro che lo è davvero! io l’ho visto) mi conferma che i miei quarant’anni vissuti con l’acqua sotto i piedi sono stati spesi bene. 

(Filippo Minnuni, Pensieri)

1 commento:

  1. A questo Vendee-Globe Jean è lo skipper che di più tra tutti -e son tutti marziani- incarna l'archetipo del Marinaio ideale, una miscela di esperienza e tenacia che, con stile (non ricercato o voluto), sa non prendersi troppo sul serio. E al contempo lottare tra le prime posizioni. E vediamo come va a finire questa regata!

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