CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







mercoledì 21 luglio 2010

Emozioni sul mare


Quando penso al mare, tutti i giorni e piu' volte, quasi mai penso ad un preciso mare. E' come se attingessi senza un'espressa volonta', nel ricordo degli innumerevoli mari che indistintamente sono impressi in me come indelebili tatuaggi. Ho un tatuaggio azzurro che affiora in superficie ogni volta che il perimetro di una giornata si spezza all'improvviso e cerca un varco, un punto di fuga lontano.
Non e' solo l'avere in memoria la luce dei Mari del Sud, la linea curva dell'oceano, l'iridiscenza del mare di Sardegna o il diafano celeste di una laguna equatoriale; non rincorro solo sogni impossibili e lontani. Per essere altrove, mi basta uno scorcio di mare oltre la strada, un riverbero di sole che freme sull'acqua a mezzogiorno. Mi bastano addirittura una stanza dipinta d'azzurro e, indosso, una camicia blu. Forte della mia confidente frequentazione col mare posso persino farne a meno, e, in mancanza della sua viva voce, fare appello ai suoi muti e nascosti richiami.
Non vivo sul mare. Ma sono sul mare tutte le volte che percorro una strada e vado sopra pensiero; sono sul mare quando nella grigia citta' cammino con piede marino; sono sul mare quando stacco gli occhi da terra e cerco lontano l'orizzonte del cielo. Sono sul mare e, dunque, sono. Sul mare, sulla sua onda di pensieri voglio dire, sento qual'e' la mia dimensione nelle lunghezze del mondo; so qual'e' la mia parte, il mio posto. Non parlo di un posto geografico ne' di uno status sociale: parlo di un luogo mentale, di un luogo che vive in un atlante scomparso.
La prima volta che andai sull'oceano a rincorrere un sogno di albe rosse e alisei, un mattino dimenticai il giorno, e sulla scia che lasciavo alle spalle persi anche spazi e distanze: quel mare, quel giorno, sarebbe potuto durare per sempre. Ore senza giorni, giorni senza mese e mesi senza tempo. "Tutta qui l'avventura?" Mi hanno chiesto. Si, era qui l'avventura, l'emozione che volevo provare: guardare negli occhi l'anno zero del mondo, il vuoto piu' vuoto e l'azzurro piu' azzurro.
Nel solitario cuore di un oceano non sono delfini, spinnaker o balene a portarti alle stelle. In quel niente inquietante, e in quel tutto di niente, in quel vuoto di nomi, di forme e parole, anche il pensiero ricalca i contorni essenziali del mare.
Laggiu', dove il blu ti circonda e ti avvolge, a distanza stellare dal normale, dal compiuto e dall'utile, ti stordisce il silenzio, ti rapisce lo spazio, ti entra dentro una luce, ti accarezza una stella. Voglio dire che la' l'universo si fa piu' vicino, si affianca, e ti sfiora. Il pensiero diveta aliseo, l'emozione e' increspata da un'onda, il piacere e' forgiato dal sole.
Ma poi, sulla terra cosa resta del mare? Di quelle giornate dissolte nel blu tieni stretto un ricordo per i giorni d'inverno. Di quelle mattine a cavallo sul mare rimane negli occhi una luce vibrante e uno sguardo perduto. Non c'e' una risposta al mistero del mare; non c'e' compimento e non c'e' soluzione. Le voci del mare non sono proclami. Sono solo risposte che si fanno domande, sono parole che si fanno colori, sono colori che si fanno tensioni.
Rimane soltanto la voglia di quel sogno infinito, un idioma irrisolto. Poiche' il mare, come scrive Melville, e' "l'innafferrabile fantasma della vita", topos dei desideri e della nostalgia e custode fedele di tutto cio' che non si puo' spiegare, ma non si puo' tacere.
(Valeria Serra, Le parole del mare)

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