CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







venerdì 7 gennaio 2011

Tenerezze infinite



Dirvi l'anno preciso mi e' impossibile, ma ero molto giovane, forse sui quindici anni. Ma allora tutto era semplice e selvaggio, non c'era che qualche artista, e la gente del paese. La spiaggia era deserta, quando la marea calava, vedevi un'immensa distesa di sabbia grigio-argento, che luccicava al sole, ancora madida d'acqua. Sulla sinistra gli scogli, dove il mare batteva pigramente nei giorni di calma contro le pareti ricoperte di alghe, poi, al largo, l'oceano azzurro sotto il sole ardente, il suo ansimare sordo di gigante in pianto. Quel giorno un grazioso mantello rosso a righe nere giaceva abbandonato.
Lo presi, allora, e lo portai lontano. Era una stoffa morbida e leggera, un mantello di donna. Ogni mattina andavo a vederla al bagno: la rimiravo lontana, nell'acqua, invidioso dell'onda molle e tranquilla che abbracciava i suoi fianchi e colmava di spuma il seno ansimante; seguivo, dopo, la forma del suo corpo sotto le vesti bagnate che la ricoprivano, vedevo il suo cuore pulsare, il petto gonfiarsi; lo sguardo si posava inconsciamente sul suo piede sulla sabbia, o restava incatenato all'orma dei suoi passi: quasi avrei pianto, mentre l'onda a poco a poco li cancellava.
Navigavo in un mare di sentimenti, di tenerezza infinita; mi cullavo in immagini sognanti e vaporose, sentendomi d'un tratto piu' grande e forte. Amavo.

(Gustave Flaubert, Memorie di un pazzo)

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