CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







lunedì 25 maggio 2015

Ritorni


 
Di sera, alla luce di un lume a petrolio, sul tavolo di cucina, il dito duro e calloso del padre lo guidava, sulle carte nautiche, in viaggi meravigliosi. E il suo dito di bambino, stregato da rotte, fari, secche e nomi che bruciavano come lingue di fuoco sulle labbra dei marinai, lo seguiva incantato. Pensava di imparare a partire e andare lontano. Imparava qualcosa di ben più prezioso: la strada di casa. Ogni sera, in quei viaggi simulati, il dito del padre lo guidava sempre più lontano solo per istruirlo nell'arte del ritorno. Questo, prima di qualsiasi altra cosa, erano i marinai che raccontavano storie meravigliose giù al porto: ritorni. Non avrebbe potuto trovare maestro migliore. Se esiste il gene del ritorno, infatti, suo padre lo aveva. Apparteneva a quella categoria di uomini che, naufraghi e soli su un'isola deserta, trovano sempre la strada per tornare a casa, purché abbiano un coltello e possano mettere le mani su un albero. Lui, il suo albero, l'aveva già scelto. Se era ancora troppo piccolo per prendere la strada del mare, era abbastanza grande, almeno, per scegliersi un albero. A guardarlo bene, però, era già una promessa di nave. Nel bel paese di Nuova Scozia, infatti, dove nacque in una fredda località nella zona più fredda della North Mountain, un freddo 20 febbraio, cresce il robusto "spruce", adatto a fare costole di navi e col quale si sono costruiti bastimenti di ogni tipo. Dalla cima del suo albero, come in cima alla coffa di un veliero  in tempesta, scrutava il mare. E sognava. Da quelle parti i sogni si pagano in nasi blu (così vengono soprannominati gli abitanti del luogo) e mani tagliate dal vento. Sogna più a lungo chi resiste di più al freddo. Lui sognava più di tutti. Nei giorni di nebbia i suoi occhi, stretti a fessura, affondavano nel mare bianco, tra i fantasmi di Melville. Con il bel tempo, invece, correvano dietro alle baleniere fino all'orizzonte. Laggiù, oltre la grande curva del mare, gli occhi cedevano il posto ai sogni. E i sogni correvano come raffiche di maestrale. Forse fu allora che, stretto al suo albero, giurò che per tutta la vita li avrebbe inseguiti e che alla fine, lui e l'albero della sua nave, come una cosa sola, li avrebbero raggiunti. Diede un nome al suo sogno. Lo chiamò il raggiungimento della felicità. Sognò di farlo proprio così: stretto al suo albero. E sognò di farlo come nessuno lo aveva mai fatto: Solo. Anche lui, come i vecchi marinai del porto, sarebbe tornato. Anche lui, giù al porto, avrebbe raccontato la sua storia ai bambini. Una storia, però, che orecchie umane non avevano ancora ascoltato........
 
(Joshua Slocum, Scritti)

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