CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







lunedì 4 marzo 2024

Maestri d’ascia


L’altra materia prima usata negli arsenali era il legno che arrivava da varie zone del Mediterraneo. La preparazione dei tronchi e delle tavole era una fase importante della lavorazione. Il tronco restava a mollo in acqua di mare per lunghi periodi, anche anni, poi veniva asciugato al sole e unto con oli vegetali e solo a questo punto era tagliato in travi e sgrossato in tavole, che venivano “bruciate” sulla superficie per renderle durevoli e flessibili. Altre maestranze erano impegnate con la lavorazione del catrame che veniva fatto con legno di abete vecchio o di Pino. Il tronco di legno restava a lungo a cuocere finché rimaneva il catrame, una materia densa e scura che veniva ripulita e distillata per togliere le impurità, ottenendo così la pece. Senza la pece qualsiasi costruzione di barca, anche la più semplice, era irrealizzabile. La pece chiudeva tutte le cavità e impediva che le tavole di legno, al caldo e all’umidità, potessero marcire, inoltre, con l’aggiunta di sego, veniva passata come rivestimento protettivo sulle funi. La pece si induriva rapidamente e i maestri calafati la rendevano fluida con il fuoco per colarla tra le fessure del fasciame insieme alla stoppa, in tal modo, con il calafataggio si riusciva a rendere perfettamente impermeabili e stagne le carene e le coperte delle barche. Chi sovrintendeva a tutte le lavorazioni nell’ arsenale era il maestro d’uscita che conosceva le essenze dei legni, la loro durezza e lavorabilità e, soprattutto, il loro impiego per i diversi elementi costruttivi: la robinia o il gelso per i madieri e le ordinate; il cipresso o l’avete rosso per l’alberatura; il frassino o l’acero per i remi; la quercia, il leccio o l’olmo per la chiglia; la quercia, la robinia o l’avete per la falchetta e i bagli; il larice o l’avete per la coperta o il fasciame.

(Bruno Zan, Da Venezia a Rodi sulle rotte dei capitani da mar)

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