CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







domenica 13 febbraio 2011

Fetch



Fetch. La superficie di mare aperto su cui spira il vento con direzione e intensita' costanti ed entro cui avviene la generazione del moto ondoso. Non esiste l'equivalente in lingua italiana. In parole ancor piu' semplici, anzi pauperrime: la forma e la grandezza dell'onda non sono dovute soltanto all'intensita' del vento, ma pure all'ampiezza della superficie su cui si esercita lo spazio e il tempo a lui concessi per sollevare le onde. Prendi un mappamondo, cerca Capo Horn all'estremita' meridionale dell'America, metti un dito poco a sud del Capo, tieni fermo il dito, fai girare il mappamondo. Il tuo dito striscera' sulla superficie marina per tutto il giro, per tutti i giri che farai fare al globo. Ritrarrai spaventato l'indice macchiato d'azzurro sul polpastrello. In quel punto, e solo in quel punto del pianeta per tutta la circonferenza (intorno al 60° parallelo grosso modo) c'e' sempre mare, soltanto mare. Il fetch e' infinito. Poiche' i venti prevalenti ruggiscono e urlano da ovest, in teoria pure le onde sono infinite, comunque enormi, rincorrentesi, contrastanti. Cosi' i racconti di mare, di cui qui un gruzzolo che cresce per accavallamenti, incroci, contrapposizioni stridenti, accordi e somiglianze lontane. Se vuoi vita dura, sicuramente garantite sono le variazioni e gli scarti. Non c'e' onda dai secoli dei secoli che sia uguale ad un'altra onda.

(Giorgio Bertone, Voci sparse)

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