CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







domenica 13 marzo 2011

Il grido dell'anima



Cerco sempre di sfuggire alle celebrazioni delle avventure epiche e rimango piuttosto indifferente agli eroismi di chi resiste incolume ai momenti tempestosi della vita. Nella tempesta, nel suo fragore, nelle sue tragedie e nei suoi rischi, si attraversano momenti di inevitabile sconfitta, che non e' solo morire o naufragare, anche un relitto puo' diventare una scialuppa per rinascere.

Quando il mare si rincorre cosi' forte da colorare tutti i suoi azzurri in schiuma bianca e quando la salsedine corre con le nuvole e arriva a opacizzare i vetri delle finestre, ogni volta, l'istinto di uscire di casa diventa irresistibile. In quei frangenti mi muove una forza pari a quella; e mi spinge a correre su un molo, a risalire una scogliera sopravento o a percorrere un promontorio come fosse la tolda di una nave fra le onde. E di lassu', con il vento che fischia nelle orecchie e le raffiche che spingono il passo, resto a guardare dal mio posto in prima fila la piéce piu' appassionante fra tutti gli spettacoli del mare.

Nel mare in tempesta sembra sciogliersi il grido dell'anima, il piu' sofferto e forse il piu' vitale. Nel vortice delle tempeste, in quelle tempeste marine che ci esplodono dentro in certi giorni della vita, si rompono gli argini delle convenienze, si perdono i punti cardinali, si confonde la salvezza tra le illusorie luci della terraferma; ma nel momento piu' nero e buio mentre l'SOS vaga tra le nuvole dell'etere, arriva da lontano un salvagente inaspettato. Lo afferri scrutando il cielo all'orizzonde e seguendo negli squarci della notte il tuo faro illuminante. L'assoluto caos della tempesta e' per il mare un momento supremo di ribellione e di liberazione. E anche se le vite tempestose sono spesso poco praticabili, in quel tumulto di energia c'e' qualcosa che avvince piu' di un tramonto rosso fuoco.

Sono quelle, le vite di chi vive ogni giorno come l'unico, di chi nella suggestione delle onde avverte anche un costante presentimento di naufragio. Eppure, riesce a esprimere se stesso soltanto in quel flusso vorticoso, come se quel moto incessante e transitorio fosse il solo a parlargli di vita.

Ma un marinaio non sceglie mai deliberatamente di andare incontro alla tempesta; la fugge se puo', l'affronta se vi si trova in mezzo e la supera solo se mette insieme la forza per guardarla negli occhi. In quell'incontro fugace e crudele ti afferra una vertigine di terrificante paura che nel ricordo di un giorno futuro forse diventera' una specie di ebbrezza. Solo quando non ci sono ricordi la tempesta si e' trasformata in naufragio, nell'immersione in un mondo che non soffre e non sente, ma che non lotta e non vive.

Temo la tempesta solo in alto mare; ma da terra la guardo con lo stesso rapimento che mi da' un quadro espressionista. Laddove non ci sono piu' contorni e simmetrie ma solo figure e profondita' che inventano una voce e vogliono parlarti. Quella tela ha un messaggio diverso per ognuno, un messaggio forte e chiaro ma in bilico su tutto. Lo asolti con i sensi messi a nudo e il cuore sollevato dalle raffiche: e' l'eco di un suono infinito che toglie il respiro e lo regala al vento.


(Valeria Serra, Le parole del mare)

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