CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







domenica 20 ottobre 2019

Vathi (Kalymnos) - Ormos Pserimos


Il fiordo di Vathi è molto stretto e occorre attendere un po’ affinché in questa stagione il sole faccia la sua apparizione. Pertanto, quando ci svegliamo e facciamo colazione in pozzetto di buon ora, la temperatura è ancora decisamente fresca. Sulla banchina, comunque, già c’è movimento. A parte i pescatori che sono usciti in mare da un bel po’, tre dei tedeschi nostri vicini di barca si stanno preparando per una corsa mattutina, mentre sullo X-Yacth una bella bambina bionda sui cinque anni sta frignando a squarciagola da mezz’ora dopo aver discusso con il fratellino sotto gli occhi indifferenti dei giovani genitori. L’X-Yacht è il primo a partire, poi è il nostro turno. Per raggiungere Ormos Pserimos, sull’omonima isola, ci sono solo 6 miglia, ma vorrei arrivare presto in modo di avere la possibilità di ormeggiare sul molo frangiflutti all’ingresso del porto. Appena fuori dal fiordo, lasciamo a dritta alcune vasche di un allevamento ittico. Non c’è molto vento, ma appena ci allontaniamo un poco dal ridosso offerto dall’isola questo aumenta a 10 nodi. Così mettiamo il code 0 che ci permette una bella navigazione a vela. Lasciamo l’isolotto di Nisos Plati sulla sinistra poco prima di incrociare due barche a vela che stanno risalendo. L’ultimo tratto, fino all’ingresso del porticciolo di Ormos Pserimos, lo facciamo di bolina. A parte le barche da pesca locali non c’è nessuno. Possiamo quindi metterci comodamente all’inglese nel posto che avevo individuato grazie alla descrizione del portolano. Mentre ormeggiamo sentiamo il ritmo lento e cadenzato delle campane, quello che solitamente accompagna lo svolgimento di un funerale. Un rintocco che mette sempre tristezza e che, a sentirlo qui, con davanti agli occhi una visione che pare un vero e proprio inno alla vita, fa ancora più effetto. Raggiungiamo il paesino antistante a piedi e percorriamo la spiaggia deserta. Alcuni bar sono aperti. Il proprietario di una bancarella, dal quale compriamo un barattolo di miele locale, ci dice che questa è l‘ultima settimana nella quale ci sono ancora turisti in circolazione. Dalla prossima fino ad aprile sull’isola non resteranno che i pochi abitanti stanziali. È un vero peccato non poter disporre di qualche ulteriore settimana di vacanze. Questo che sta per iniziare è, insieme a quello primaverile, e' uno dei nostri periodi preferiti dell’anno. Quelli in cui per mare non si trova quasi nessuno e nei quali riesci a gustarti appieno i vari luoghi in cui approdi. Da un vecchietto compriamo due sacchetti di salvia ed origano. Poi ci sediamo in un bar sulla spiaggia di fronte ad un tavolino con due sedie piantate nella sabbia e al riparo di un ombrellone. Sull’insegna del bar vi e' scritto in caratteri greci: “Kali Karaià”, chissà che vorrà dire. La tranquillità del posto viene bruscamente interrotta dall’arrivo di due enormi caicchi provenienti dalla limitrofa isola di Kos. Scaricano decine di turisti che invadono la spiaggia e i bar del paese. Nello spazio temporale di cinque minuti la fisionomia del luogo è cambiata totalmente. Per tutto il resto della giornata si alterneranno periodi di totale calma, quando i caicchi se ne vanno, a momenti di grande affollamento e confusione, ogni qualvolta ne arrivano di nuovi. Nel pomeriggio ormeggiano anche un paio di barche a motore di diportisti locali. Gli equipaggi vanno tutti a mangiare in una delle taverne che si trovano un poco più all’interno, lungo la strada che conduce alla chiesa. Seduti al nostro tavolino osserviamo questo andirivieni. I due bimbi del proprietario del bar giocano liberamente sulla spiaggia. Chissà se un giorno si renderanno conto di aver avuto l’opportunità di vivere un’infanzia così fortunata. Nell’unico negozio di alimentari del paese chiedo se hanno un pacchetto di tabacco. Più che di un vero e proprio negozio si tratta di una sorta di spaccio dove i prodotti disponibili sono esposti su una piccola terrazza. La parte interna del negozio e', di fatto, il salotto di casa. Un paio di scaffali con dei sacchetti di patatine e dei pacchetti di biscotti e di sigarette  sono posti accanto alla televisione e ad un paio di divani consumati. Come spesso accade in Grecia, il tutto è un po’ disordinato. Cassette della frutta, vecchi giornali, bottiglie d’acqua sono sparsi un po’ ovunque nella stanza. Poco prima del tramonto anche gli ultimi due caicchi se ne vanno e la pace ritorna assoluta. Fa meno caldo e facciamo due passi tra le poche case che costituiscono l’abitato. Un albergo con dei “bungalow” in pietra e un giardino dall’aria un po’ abbandonata è chiuso. Accanto ad esso vi è il cancello che da accesso al piazzale antistante la chiesa. Mentre lo stiamo aprendo,  il pope esce di casa e ci apre la porta della chiesa che era chiusa a chiave. Una volta entrati, di sua iniziativa accende una candela. Da parte nostra facciamo una piccola offerta e ci sediamo osservando le varie icone e i dipinti che coprono le pareti. Dopo due minuti, il pope si riaffaccia e facendo tintinnare il mazzo di chiavi che ha in mano ci fa chiaramente intendere che il tempo a nostra disposizione è terminato. Spegne la candela e, una volta usciti, chiude nuovamente a chiave la porta alle nostre spalle. Un ultimo “kalispera” e se ne rientra velocemente in casa. A Pserimos hanno un pope decisamente originale. Tornati in barca  c’è un po’ di risacca. Il gommone con due potenti motori fuoribordo e con a bordo un greco di una certa età dall’aria un po’ equivoca, che si  accompagna con una ragazza più giovane di origine slava su cui probabilmente intende fare colpo, se ne va a tutto motore sollevando un bel po’ d’onda. Machismo idiota allo stato puro. Per cena preparo due milanesi ed un'insalata che mangiamo in pozzetto accompagnate da una delle ultime bottiglie di Malvasia Sauvignon di Russo&Longo comprate a Crotone. Mentre ceniamo entra in porto un catamarano di 40 piedi con tre italiani a bordo, due uomini e una donna. Quello al timone mi chiede quale sia la profondità del fondale in prossimità della banchina dove sono attualmente ormeggiati alcuni pescherecci. Non è molto profondo, ma con un catamarano non c’è alcun problema. Scendo a terra per prendergli le cime. I due uomini mi ringraziano, mentre la ragazza ha un’aria decisamente annoiata e distaccata. Non solo non muove un dito, ma non fa nemmeno un minimo cenno di saluto. Il più loquace è lo skipper che, con marcato accento veneto, mi dice: “Fa piacere trovare degli italiani in mezzo all’Egeo”. Gentile da parte sua. Poiché continua ad esserci risacca e questa notte il vento dovrebbe rinforzare, prima che scenda il buio mi sposto dalla banchina e do fondo su una chiazza di sabbia in 3,5 metri d’acqua dando un bel po’ di catena per garantirmi un sonno tranquillo. A questo punto non ci resta che affrontare i profiterol che Tania ha messo nel piatto e che gustiamo con un bicchierino di tzipouro. Una degna conclusione di questa bella giornata. 

(Giornale di bordo)

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