CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







lunedì 6 settembre 2021

Alakisla Buku - Mersincik


Come al solito ci svegliamo presto. Il caicco che era ormeggiato accanto a noi è già partito. Su un'altra barca a vela poco lontana uno dei membri del suo equipaggio dorme ancora, avvolto in alcune coperte in pozzetto. Non deve certo soffrire di reumatismi, considerata l'umidità della notte appena trascorsa. Fatta una rapida colazione salpiamo. Apriamo randa e genoa e usciamo dalla baia attraverso il passaggio tra la terra ferma e l'isoletta di Yildiz Adasi, lasciando a dritta una meda che segnala una secca. Soffia un bel vento da ovest. Il programma originario prevedeva di raggiungere la baia a sud di Kucuk Adasi per poi andare a Turgutreis l'indomani a ritirare il nuovo trasduttore della stazione del vento. Ma con il vento odierno ciò ci obbligherebbe a bordeggiare per tutta la giornata risalendo il vento, mentre con un solo bordo potremmo raggiungere la baia di Mersincik, sul lato meridionale del golfo di Gokova. Nella notte il vento dovrebbe girare da est e così domani potremo raggiungere Turgutreis con una comoda navigazione al gran lasco. Ad occhio potrebbero esserci tra i 20 e i 25 nodi. Un leggero rinforzo lo troviamo in corrispondenza del canale tra l'isola greca di Kos e la costa turca. Qui prendiamo una mano di terzaroli. In questo tratto di mare c'è un'unica barca a vela che segue la nostra rotta, per poi dirigersi verso Goermen Burun, il capo ad ovest rispetto a Mersincik. Entriamo in quest'ultima baia contemporaneamente ad uno yacht a motore dalla forma simile a quella di un rimorchiatore che, mentre ammainiamo le vele, ci precede nell'ormeggio. La navigazione odierna è stata molto piacevole: prima di bolina larga e l'ultimo tratto al traverso; all'inizio con mare leggermente formato, poi, in corrispondenza dell'isola di Kos il fetch è diminuito e con lui anche l'altezza delle onde. Diamo fondo portando le solite due cime a terra accanto alla barca a motore arrivata prima di noi. Eravamo già stati qui lo scorso anno. La piccola insenatura si conferma incantevole. L'acqua è cristallina e Habibti è circondata da decine di pesci di varie dimensioni. A nuoto raggiungiamo la spiaggia di sassi situata in fondo all'insenatura dove il fondale risale rapidamente. Tornati in barca facciamo un po' di stendarella appendendo le lenzuola ad una cima posta di traverso tra lo strallo e l'albero all'altezza del boma. Un sistema che, oltre a far prendere aria alle lenzuola, ci permette di restare a prua seduti all'ombra. Sulla barca accanto a noi i marinai sono intenti a lavare la coperta e a lucidare con cura le parti in acciaio inox. L'eccessivo consumo di acqua dolce non deve essere un problema a bordo. D'altra parte è probabile che il dissalatore sia in funzione visto che anche il generatore è acceso da un bel po'. L'insalata di pomodorini, timo, olive e capperi che Tania ha preparato per pranzo è squisita. La mangiamo seduti a prua all'ombra delle lenzuola svolazzanti. Non il massimo dell'eleganza, ma chissene frega. Telefono al nostro amico Faruk, conosciuto la scorsa primavera a Sogut. Mi dice che si trova a bordo di "Alisée" in quel di Goegek. Con lui c'è Maurizio, l'armatore e padre di Antonio che non ha potuto raggiungerli dall'Australia con la famiglia a causa delle restrizioni ai viaggi che quel paese ancora impone a causa del Covid. Ci ripromettiamo di risentirci nel caso decidessimo di raggiungerli nelle prossime settimane. Telefono anche a Tuncai per sapere se ci sono novità riguardanti il trasduttore della nuova stazione del vento che aspettiamo da Istanbul. Purtroppo mi informa che ci sono delle difficoltà nel suo sdoganamento e che difficilmente sarà disponibile prima di una decina di giorni. Una notizia che in parte mi aspettavo conoscendo la lentezza della dogana turca. Chiedo a Tuncai di tenermi informato, ma nel frattempo noi continueremo la nostra navigazione senza stazione del vento, spostandoci verso Marmaris. Nel pomeriggio assistiamo ai diversi infruttuosi tentativi dell'equipaggio di un Bavaria di dare fondo accanto a noi portando due cime a terra. L'ultimo tentativo si conclude con l'addetto all'ancora che riceve sul piede nudo lo sportello del gavone lasciato aperto e non fissato alle draglie. Lo vediamo saltellare ululante verso poppa dove si distende dolorante su una delle sedute del pozzetto. La scena mi ricorda quando anni fa a Kos l'amico Marco camminando a piedi nudi in coperta aveva sbattuto il piede contro una delle gallocce di prua, tanto che  si era dovuto accompagnarlo in ospedale per farlo ricucire. La presenza di qualche vespa disturba un poco il nostro soggiorno. Una novità, in quanto non mi ricordo di averne viste in questo stesso luogo lo scorso anno. Tania invece sostiene il contrario. Dopo un aperitivo seduti a prua, aspettiamo che scenda il buio per cenare: uova di lompo, burro e limone su pane tostato. Decisamente una vitaccia!
 
(Giornale di bordo)

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