La maggior parte delle barche giunte ieri dopo di noi e che a causa della conformazione della banchina avevano quasi sicuramente incrociato la loro catena con la nostra sono partite presto. Di queste resta in porto solo quella sulla nostra sinistra: un charter con una coppia corpulenta di inglesi a bordo che ci dicono di volersi fermare a Datca fino a domani. Facciamo anche la conoscenza degli altri nostri vicini, quelli a bordo del Beneteau 43. Si tratta di Ozer e Fatouche. L'empatia è immediata e li invitiamo a bere un caffè su Habibti. Nel corso della conversazione ci raccontano come si sono conosciuti. E' avvenuto ad Istanbul alcuni anni fa, dopo che l'auto di lui era stata tamponata nel traffico da quella di lei. La storia della vita di Fatouche, una bella donna sulla quarantina nata in Marocco ma di origine curda, ha dell'incredibile. Mentre ci racconta del suo passato percepiamo ancora la forte emozione nei suoi occhi. Dopo l'incontro con Ozer la sua vita è cambiata ed ora sono una bellissima coppia, affiatata e dall'aria felice. Ozer mi da anche alcune informazioni circa alcuni buoni ancoraggi nelle aree limitrofe in caso di maltempo, oltre ad utili dritte su dove poter ormeggiare nella profonda baia di Selimiye nel caso non volessimo attraccare al pontile. Lasciamo Datca verso mezzogiorno subito dopo la loro partenza. Al momento di salpare l'ancora, come mi immaginavo, la nostra catena risulta essere sotto quella della coppia di inglesi del charter accanto a noi. Vedendoli entrambi a prua gli urlo da lontano di mollare alcuni metri del loro calumo in modo da poter fare scavallare la loro ancora e liberarci. Per fortuna il salpa ancora di Habibti è sovradimensionato e completiamo la manovra senza altri inconvenienti. Usciti dal porto apriamo le vele. Per un tratto navighiamo con un leggero vento al traverso paralleli alla barca di Ozur e Fatouche che sono diretti a Selimiye. Dopo una mezz'oretta il poco vento scompare e siamo costretti ad accendere il motore, cosa che ci permette di puntare direttamente sul golfo di Yesilova. Trascorsa un'altra mezz'ora si alza un bel vento da ovest che ci permette di raggiungere la baia di Bozburun con una divertente navigazione a vela al gran lasco. Diamo fondo nell'insenatura di Bulgaz Koyu dove ci aspettano Umit e la sua cagnolina Paris, uno Yorkshire adorabile. Alle due cime che lego a terra avvalendomi dell'aiuto di Umit che mi porta a riva a bordo del suo tender ho aggiunto due dischi anti-topo. Un consiglio datomi da Ozur che mi aveva prevenuto sul fatto che in questa zona alcuni suoi amici hanno avuto recentemente brutte esperienze al riguardo. Rivedere Umit e Paris è sempre un piacere. Ormai, dal giorno in cui ci siamo conosciuti nel Mar di Marmara, è diventata una tradizione incontrarci ogni anno anche solo per poche ore. La signorilità di Umit, che vive sul suo 37 piedi a vela tenuto in perfetto ordine, ci sorprende sempre. Essa rappresenta non solo la parte migliore della cultura laica turca, ma anche quella di un mondo che abbiamo l'impressione sia destinato a scomparire. Restiamo a conversare per un paio d'ore a bordo della sua barca ricorrendo all'aiuto di google translator. Umit infatti parla solo turco. Benchè con questo limite linguistico, i discorsi con lui non sono mai superficiali. Lo invitiamo a cena su Habibti, ma come suo costume egli è sempre molto attento a non voler imporre troppo a lungo la sua presenza. Restiamo quindi intesi che ci vedremo l'indomani per fare colazione insieme. Dopo il tramonto, poichè entrambi siamo un po' stanchi, ce ne andiamo subito a letto. E' bello riprendere i ritmi biologici della natura.
(Giornale di bordo)

Nessun commento:
Posta un commento