Con Dominique e Anne alle 9 affittiamo un'auto ed andiamo a visitare il monastero di Panagia Chozoviotissa abbarbicato su una parete scoscesa lungo la costa meridionale di Amorgos. Salendo la strada a tornanti che da Katapola conduce alla Chora il panorama sulla baia circostante è mozzafiato. Ma lo è ancora di più una volta che scavalliamo le montagne e ci affacciamo sul lato sud dell’isola. Pareti scoscese che cadono a precipizio sul mare per centinaia di metri. Un tratto di mare che quando soffia il Meltemi diventa molto pericoloso a causa del vento catabico. Il monastero è di un bianco accecante e contrasta fortemente con il rosso delle rocce circostanti. Pare sospeso tra mare e cielo e per raggiungerlo occorre salire circa trecento scalini. Fu costruito nel 1088 per volere dell’Imperatore bizantino Alessio I. Il monastero è di grande importanza religiosa tanto che fino al XVII secolo l’abate di Patmos, isola dove si trova uno dei più importanti monasteri greco-ortodossi, veniva scelto tra i monaci di Amorgos. L’edificio è costruito in pietra, calce e legno di ginepro. Ci accoglie Panayotis, un laico che si occupa delle visite turistiche. Ci dice che attualmente nel monastero vivono tre monaci, anche se al momento ve ne è soltanto uno in quanto gli altri sono andati nelle varie isole vicine ad officiare messa per la domenica delle palme ortodossa che si celebra oggi, una settimana prima dell'odierna Pasqua cattolica. L’anno scorso, per questa ricorrenza, eravamo a Panormitis, dove si trova un altro importante monastero sull'isola di Simi. Visitiamo la bellissima chiesa posta al piano più alto del monastero. L’atmosfera è mistica e si respira una grande tranquillità. Panayotis ci dice che a partire dal mese di maggio tutto qui si trasforma. In alta stagione, infatti, ci sono tra i 600 e i 700 visitatori al giorno tanto che tra i mesi di maggio e ottobre la cifra totale si avvicina alle 40.000 presenze. Noi abbiamo la fortuna di visitare il monastero da soli. Nella foresteria ci vengono anche offerti dei lucum, dolcetti un po’ gommosi, e un liquore a base di erbe fatto dai monaci. Prima di rientrare a Katapola facciamo una breve visita alla Chora. I nostri amici francesi salpano alle 12.30 e noi li seguiamo di poco. Nel frattempo ha ormeggiato in banchina un Ovni battente bandiera italiana. Dominique e Anne oggi andranno a Mersini, una baia sull’isola di Schoinoussa, mentre noi siamo curiosi di sono visitare Koufonisi. La navigazione di bolina è piacevole. Ci sono tra i 10 e i 15 nodi di vento e Habibti avanza velocemente nonostante una leggera onda contraria. Lasciamo le isole di Andikaros e Karos sulla sinistra. La seconda, vista da est è un impressionante blocco di roccia in mezzo al mare ed ha un aspetto decisamente inospitale. Avvicinandoci a Koufonisi vediamo una barca a vela precederci nel piccolo porto. Quando entriamo troviamo libero un unico posto accanto alla barca appena entrata, un Bavaria con una coppia di catalani a bordo. Delle trappe la cui presenza è riportata sul portolano non vi è traccia. Calo 40 metri di catena su un fondale di tre metri sperando di non agguantare qualche corpo morto o qualche catena di cui è sicuramente pieno il porto. L’harbour master si chiama Kostantinos e ha l’aria di un vero furfante. I nostri vicini spagnoli hanno un problema al verricello dell’ancora. Per loro fortuna riescono a trovare una trappa, il che gli consente di essere più tranquilli quando nei prossimi giorni passerà di qui la prevista perturbazione. Per parte nostra, invece, credo che ci sposteremo a Mersini, sull'isola di Schoinoussa, raggiungendo Dominique e Anne. Facciamo una passeggiata, prima in direzione del vecchio porto dei pescatori, poi raggiungendo una baia ad est dell’isola, molto bella, anche se Rod Heikell scrive che con vento forte al suo interno si crea onda. In paese assistiamo alla messa. Nel complesso troviamo la gente del posto piuttosto dura e poco ospitale e questo aspetto ci mette un po’ a disagio. Inoltre c’è un continuo andirivieni di camion che trasportano sabbia da costruzione prelevandola da una nave cargo ormeggiata al molo dei traghetti alle nostre spalle. Molte delle strade dell’isola non sono asfaltate, il che la rende particolarmente autentica, ma nell'insieme mi aspettavo qualcosa di meglio.
(Giornale di bordo)
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