CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







giovedì 11 aprile 2024

Roccella Ionica - Messina


La sveglia è alle 5.30. Oggi ci attendono una settantina di miglia per arrivare al Marina di Nettuno a Messina. Salpiamo appena fa chiaro. Sulla barca di Guy e Natasha tutto tace. Il loro tragitto odierno è molto più breve e giustamente non hanno necessità di partire presto come noi. Usciamo dal Marina prestando la dovuta attenzione a causa del fondale molto basso del suo ingresso. Il vento da nord-ovest sui 15 nodi ci consente una bella navigazione a vela fino a Capo Spartivento. Lungo il tragitto si sente il profumo di zagara proveniente dagli aranceti sulla terraferma. Capo Spartivento conferma il suo nome. Qui, infatti, il vento gira e ora lo prendiamo diritto sulla prua. Accendiamo il motore e prendiamo la solita mano di terzaroli per evitare lo sfregamento della vela contro il patarazzo. Intorno al capo c’è un vero cimitero di relitti che giacciono sul fondo. Sono tutti segnalati dal plotter cartografico. Con mare grosso questo punto della costa deve diventare davvero molto impegnativo e pericoloso. In poche miglia il fondale passa da 2000 metri di profondità a meno di una quindicina. Si può allora capire che genere di onde si possono formare in caso di tempesta. Oggi lo superiamo nelle migliori condizioni di mare. Incrociamo un catamarano che procede anche lui a motore poco prima di arrivare al traverso di Capo d’Armi. Qui il vento, che si incanala prendendo forza nello Stretto, ci consente di riprendere la navigazione a vela. Dobbiamo prestare attenzione alle numerose navi che lo percorrono in entrambi i sensi. Attraversiamo lo Stretto nella sua parte meridionale mantenendo un’andatura di bolina larga. Non ci sono più di 25 nodi, ma la progressione è abbastanza impegnativa a causa delle onde. La situazione migliora man mano che la costa siciliana funge da ridosso. Anche la corrente è a nostro favore. Avevamo calcolato di raggiungere questo punto nel periodo di corrente montante consultando uno specifico sito su internet. Poco prima di entrare nel Marina chiudiamo le vele. In questo ultimo tratto facciamo molta attenzione ai numerosi traghetti che uniscono la Sicilia e la Calabria. Entriamo nel Marina poco prima della chiusura del suo ufficio riuscendo a pagare il soggiorno. Ciò ci eviterà di dover attendere la sua apertura domattina e quindi essere più liberi di partire quando vogliamo. Ormeggiamo ad uno dei finger con l’aiuto di un ormeggiatore. Al passaggio di ogni traghetto all’interno del Marina si crea un po’ d’onda. Anche per questo allontano a dovere la murata di Habibti dal finger proteggendola con tutti i parabordi che abbiamo a bordo. Nel ristorante in cui avevamo cenato l’ultima volta che siamo stati qui c’è una festa privata, quindi ci facciamo consigliare da Marco, l’estroverso impiegato del Marina, un ristorante tipico non lontano dal porto. Lo raggiungiamo a piedi dopo una camminata di una ventina di minuti. Prima, però, in una pasticceria compriamo un po’ di dolci siciliani e una bottiglia di liquore alla cannella. Da “Zia Katia” ordino delle ottime braciole di maiale alla messinese. Tania si sente più tranquilla nel prendere quelle di pesce. Ottime anche queste. Gli avventori del locale hanno tutti a modo loro un’aria un po’ particolare, il che rende il locale originale anche sotto questo punto di vista. Rientrati in barca faccio il pieno d’acqua. L’aria è fredda e umida e la stanchezza a questo punto si fa davvero sentire.

(Giornale di bordo)

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