CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







mercoledì 2 maggio 2018

Nafpaktos - Trizonia


Verso l'alba il vento rinforza. Lo percepisco dalle cime d'ormeggio che cigolano e dal tendalino aperto sul boma che sbatte un poco. Mi alzo e lo tolgo. Il luogo a quest'ora mattutina ha riacquistato la sua pace e con lei la sua bellezza. Poi me ne torno a letto fino alle 9. Gli israeliani accanto a noi partono presto verso Patrasso. Oggi il nostro tragitto è breve. Raggiungeremo la piccola isola di Trizonia. Marc di "Alanzi" mi ha scritto di essere già lì con Micky. Hanno trovato un ottimo posto nella parte più protetta del porticciolo con tanto di trappe. Lascieranno qui la barca fino a settembre. Il vento continua a soffiare da est. La navigazione è piacevole. Incrociamo un paio di barche a vela che con il vento in poppa procedono nella direzione opposta alla nostra. Verso l'una entriamo nel porto dopo aver percorso il canale che separa l'isola dalla terraferma. Un traghetto fa la spola tra le due sponde. Il porto di Trizonia era destinato a diventare un Marina. Tuttavia il progetto, dopo aver beneficiato dei fondi dell'Unione Europea, è naufragato. Oggi è abbandonato e ci si può ormeggiare gratuitamente. Poichè è ottimamente ridossato da tutti i venti numerose barche vi svernano in acqua. Un tempo, Christo, un abitante dell'isola ve ne prendeva cura. Ma poi pare che la polizia gli abbia contestato che tale attività era illegale e quindi ora non vi è più nessuno. Lo incrociamo sul suo quad elettrico, capelli e barba bianchi e lunghi, cappello alla yankee e aria un po' dimessa. Forse per non compromettersi saluta a malapena. Nel porto vi sono un paio di relitti che rendono il luogo, per un certo verso, un po' inquietante. Si tratta di due barche in ferro che sono state abbandonate qui alcuni anni fa senza essere più intrattenute. La ruggine ha fatto il suo corso e alla prima falla sono colate a picco. Non sono le sole ad essere state abbandonate qui. Altre sono in stato di totale incuria e probabilmente con il tempo affonderanno anche loro. Peccato. Noi ormeggiamo all'interno del pontile di sottoflutto. Dalla parte opposta ci sono già un paio di barche a vela più piccole. Su di una c'è una famiglia di olandesi con tre biondissimi e vivaci bambini piccoli. Scorrazzano nel porto, tutti soli con i loro salvagenti arancioni su un canotto. L'altra barca è di Alex, un ragazzo originario di Valencia e trasferitosi per amore in Grecia alcuni anni fa. Poi la storia con la sua ragazza di Salonicco è finita, ma lui è rimasto. Parla greco perfettamente e lavora con un circo itinerante che si sposta a bordo di tre barche a vela, di cui due, coloratissime, sono ormeggiate davanti a noi. Insieme ai suoi compagni, funamboli di diversa nazionalità che dovrebbero raggiungerlo prossimamente, fanno i loro spettacoli nei vari porti che incontrano. La sua barca, un piccolo sloop di 7 metri del 1972, gliel'hanno regalata. Era in pessime condizioni e senza motore, ma ora piano piano la sta sistemando. Per mille euro ha trovato un Volvo Penta che ha montato da poco. "E' il primo passo", mi dice entusiasta. Alex è un musicista e scopriremo nei prossimi giorni che oltre a suonare benissimo la chitarra ha anche una bellissima voce e conosce un repertorio vastissimo. Sul molo appaiono anche Marc e Micky che ci hanno visto arrivare. Marc mi ringrazia ancora per la dritta che gli ho dato indicandogli Trizonia per lasciare la sua barca per qualche mese. Li invitiamo a bordo per un piatto di spaghetti alla puttanesca e approfondiamo la conoscenza. Entrambi sono simpaticissimi e assolutamente originali. Scopriamo che la barca è di Marc e che Micky è la prima volta che va per mare in questo modo. "Alanzi", oltre agli anni ha anche tante miglia alle spalle. Con lei Marc è sceso fino in Senegal dove ha risalito anche un fiume dove poi è rimasto incagliato. Esilerante la storia di come è stato tirato fuori d'impaccio da alcuni indigeni locali che hanno trascinato fuori la barca dalla secca con le loro piroghe. Inutile dire che non hanno nessun documento in regola. Ma non mi paiono farsene un problema. Peraltro sono disponibilissimi. Nel pomeriggio aiuteranno Alex ad installare sulla sua barca una seconda batteria. Sarà anche per il lavoro che fanno, ma hanno una manualità incredibile. Salutati temporaneamente i nostri amici, dopo pranzo facciamo due passi. La piazzetta che si affaccia sul lato meridionale del paese è un incanto. Alcune barchette in legno sono ormeggiate a dei gavitelli davanti al lungomare sul quale si affacciano una serie di taverne. Al fondo di quest'ultimo si trova la chiesa con un ampio piazzale e un piccolo cimitero alle sue spalle, nascosto tra gli alberi e prospiciente il mare. Purtroppo, come tutte le altre chiese che abbiamo incontrato fino ad ora, anche questa è chiusa. In tanti ci dicono che la Grecia è afflitta dai furti, che avvengono anche sulle isole più piccole. Molti danno la responsabilità ai tempi difficili, altri alla presenza di un numero sempre crescente di immigrati, la maggior parte illegali, che non ricevendo nessuna forma di sostegno e non trovando lavoro purtroppo vivono di espedienti. La sera ceniamo in una delle taverne sul lungomare: "L'osteria". La proprietaria era venuta a darci un bigliettino del locale nel pomeriggio e ci fa la posta per tutto il tempo che passeggiamo in paese. Ci sembrava brutto deluderla. Agli altri tavoli, oltre alla simpatica famigliola di olandesi, sono seduti gli equipaggi di un paio di barche a vela con bandiera inglese arrivate in porto verso sera. Tristissimi. La cena non si è rivelata essere un granché. Il piatto forte era costituito dal panorama che avevamo di fronte a noi.

(Giornale di bordo)  

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