CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







martedì 28 febbraio 2023

Fuori moda


Quando visito i fari, quando leggo o scrivo di fari, mi allontano da me stessa. Mi allontano nello spazio e vado in luoghi remoti. Mi allontano anche nel tempo, verso un passato che so di idealizzare, in cui la solitudine era più semplice. Mi discosto anche dai gusti del mio tempo perché oggi i fari sembrano figure romantiche e sublimi, due parole passate di moda.

(Jasmina Barrera, Quaderno dei mari)

mercoledì 25 gennaio 2023

Impeto e tempesta



Non c’è domanda che io ti possa fare
se mi rispondi sempre
che sei mare.
Del resto il nostro incontro
è stato vento,
vento che urlava
per strettoie e forre.
Mare che invade coste
e le sommerge,
furia, sudore, corpo a corpo.
Non siamo e non saremo mai
pace e silenzio, ferma calma,
la brezza dolce che accarezza
e passa.
Siamo fatti di carne, tu ed io
quella carne che uccide
e che germoglia.
Di pelle che trema per una carezza,
di scuotimenti improvvisi
e terremoti.
Siamo fatti di carne tu ed io
e di natura che non ha domande.

(Anneri Rossi, Poesie)

giovedì 19 gennaio 2023

La cura del mare


Profumi di artemisia e di mirto, frinire di cicale. Avevo imparato chissà dove ad amare quelle terre emerse, teatro di un combattimento permanente tra l’asprezza delle rocce di granito e la dolcezza dei colori del mare digradanti dal blu all’azzurro. Due mondi arcaici e primitivi dove il vento impone la sua legge fatta di strappi e accelerazioni improvvise, cambiando spesso il fondale della rappresentazione, modificando percezioni e stati d’animo. Terre portatrici di una comune radice culturale, separate da quel braccio di mare che tante vite aveva chiesto al desiderio, al piacere, al dovere di navigare. Quel braccio di mare tra Corsica e Sardegna dove sono passati tutti i marinai e le flotte del mondo: navi fenicie, romane, cartaginesi, pirati mediterranei e sommergibili a propulsione nucleare della base di Santo Stefano.

(Giovanni Minali, La cura del mare)

mercoledì 18 gennaio 2023

Insegnamenti



Ho bisogno del mare perché mi insegna:
non so se imparo musica o coscienza:
non so se è onda sola o essere profondo
o sola roca voce o abbacinante
supposizione di pesci e di navigli.
Il fatto è che anche quando sono addormentato 
circolo in qualche modo magnetico
nell’università delle acque.
Non sono solo le conchiglie triturate
come se qualche pianeta tremante
partecipasse lenta morte,
no, dal frammento ricostruisco il giorno,
da una raffica di sale le stalattiti
e da una cucchiaiata il Dio immenso.

(Pablo Neruda, Poesie)

lunedì 16 gennaio 2023

Un pezzo di mare


Ho bisogno di un pezzo di mare, di un pezzettino di speranza verso i sogni, di uno spazio piccolo dove spazzare via i pensieri e le incertezze. Credo che il mare sia il posto giusto dove attingere per colmare questo bisogno. Il mare, quasi i tre quarti della terra che guardiamo all’orizzonte mentre trascorriamo la nostra vita nel quarto restante. Riempiamo fazzoletti di terra con le nostre cose e godiamo di un pezzettino piccolo di mare per refrigerarci nei giorni d’estate. Guardiamo l’orizzonte ascoltando il rumore delle onde che si avvicinano, dopo tanto viaggiare toccano terra e consumano la forza di cui erano cariche. Ho proprio bisogno di un pezzo di mare per coltivare quello che altrove non avrebbe senso, per poi lasciarlo andare via con la stessa carica delle onde senza sapere dove arriverà il mio pensiero, dove si fermerà. Io voglio affidarlo al mare, alla sua potenza, alla sua forza, alla sua maestosità. Voglio affidargli tutte le bruttezze che non riesco a dimenticare, le mancanze che non riesco a riempire, tutte le difficoltà che non riesco ad affrontare e le persone che non riesco a dimenticare. Voglio affidargli tutti i miei limiti e le preoccupazioni, le cose che non riesco a fare e quelle che desidero, ma non lascio che accadano. Voglio vedere la mia ombra allontanarsi dalla riva dopo aver depositato le sue pesantezze sul fondo del mare lasciando che lui faccia il resto. Vorrei voltarmi e vedere come l’energia si liberi verso il mare aperto immettendosi silenziosamente tra le vele di una barca per darle il vento giusto mentre naviga. Allora la barca potrebbe andare lontano, molto di più di quello che crede, mentre l’invisibile fa la sua parte invisibile, appunto. Non è tutto sotto i nostri occhi, non è tutto sotto il nostro controllo e mentre mi bagno in quel fazzoletto di cielo, acqua e sabbia me ne accorgo. Non mi faccio nessuna domanda perché so già che il mare è un elemento così imponente, un titano. Se mi ci metto a confronto posso solo ringraziare se mi concede il lusso di godere della sua bellezza, delle sue ricchezze e benefici. Non mi sognerei mai di sfidarlo, di volerlo comprendere appieno, però ne voglio un pezzettino, piccolo ed insignificante per lui, solo per tendere alla sua magnificenza e al sogno. Un tramonto al mare non è solo un paesaggio romantico. Se lo guardo in dettaglio appare come un paesaggio rosato, aranciato, violaceo, cobalto. Il mare è il compagno perfetto per riflettere colori così brillanti da essere impossibili da descrivere. Allora, mentre guardo questo spettacolo, mi ricordo di aver bisogno di sognare, di desiderare un pezzo di mare da vivere per ritornare nella pelle della mia umanità, del mio essere parte del tutto. Ho bisogno di un pezzo di mare per nuotare nell’elemento della vita e della creazione, per ritrovarmi di nuovo, per lasciare che io possa crescere interiormente prima che la mia corteccia cerebrale se ne accorga e mi voglia bloccare perché non riesce a capire. Il mare calma tutte le ansie che vagano dentro di me, se le prende, le regala ad un’onda che va a nasconderle da qualche parte senza destinazione precisa, ma qualcosa ne farà. Lui sa come fare. Questo suo movimento apparentemente inutile ristabilisce la mia pace interiore. In quell’attimo in cui diventiamo uno, il mare ed io, mi ricordo che il nostro tempo qui è breve. Ed allora desidero un pezzo di mare per godere di tutta la bellezza della vita.

(Annamaria Pappalardo, Pensieri)

martedì 10 gennaio 2023

Suouroy


Volge le spalle agli alberi bassi del bosco artificiale e guarda giù dalla montagna, verso il villaggio, che è azzurro nella notte d’agosto, e le pecore, simili a pietre nell’erba mossa dal vento. Più in là dorme il mare. Il fiordo di Vág è calmo, l’azzurro si confonde con quello del cielo sull’orizzonte dritto, teso tra le terre emerse, un filo su cui possono camminare solo creature mitiche e fantasmi. Chiude gli occhi. Con tutta la sua giovane volontà segue la strada azzurra: supera le isole Shetland e i massicci montuosi della Norvegia, attraversa il Kattegat e s’inoltra nel paese piatto, il paese del burro, dei campi e delle fattorie, fino alla cittadina dello Sjælland dove Fritz, ora, starà dormendo come un sasso. Marita, si chiama. Presto si metterà in viaggio e questo è il punto di partenza: Suouroy, la più meridionale delle isole Faroe.

(Siri Ranva Hjelm Jacobsen, Isola)

domenica 8 gennaio 2023

La Rocca


Sono vicini al frangiflutti di San Felipe, vecchia diga di pietra che si addentra in un mare che il levante mantiene tranquillo. Da una parte e dall’altra, sulla sabbia punteggiata di alghe e grumi di petrolio, ci sono barche arenate accanto alle quali dei pescatori controllano le reti, riparandole. Si vedono anche palamiti raggruppati in attesa della marea e cannicci con polpi che si seccano al sole. La brezza porta l’odore della pece che si scalda su un falò in un paiolo di calafataggio. “Che bel posto” dice lui. Elena non risponde. Si scosta i capelli dalla fronte, scompigliati, e osserva la Rocca vicina, le navi alla fonda a poca distanza dalla riva. Quel giorno sono una dozzina di diverse dimensioni: grandi mercantili, petroliere e piccoli piroscafi. Alcune battono bandiere neutrali o mostrano i colori di identificazione dipinti sullo scafo, ma la maggior parte issa la bandiera rossa della flotta mercantile britannica; e una di esse, una Liberty nera e lunga, le stelle e strisce nordamericane. “Dicono che stanno preparando un altro convoglio”, commenta lei alla fine. 

(Arturo Perez-Reverte, L’italiano)

giovedì 5 gennaio 2023

Spiaggiare


Sono stanco di andare controvento
Il sartiame non regge più 
L’antivegetativa si scrosta
E l’ossatura scricchiola.
Vorrei andare alla deriva
Cullato dall’ultima onda
Spiaggiare su un’isola di ricordi.

(Andreuccio, Poesie)

domenica 1 gennaio 2023

Cruise 2023


Per la prossima stagione velica avevamo inizialmente pensato di navigare nelle Cicladi in primavera, prima dell’arrivo del Meltemi e delle orde di vacanzieri estivi, anche se nelle Cicladi queste ultime fortunatamente non sono così numerose come in altre zone del Mediterraneo, lasciando poi per alcuni mesi Habibti a Kalamata. A settembre avremmo voluto risalire il Peloponneso, girovagando un po’ per le Ionie e facendo svernare Habibti a Corfù. Ma poiché ho da più parti conferma che le Ionie in alta stagione, vale a dire da giugno a metà ottobre, sono ormai appannaggio delle flottiglie di charter che si spostano occupando tutti i piccoli porti e le baie più belle e ridossate, abbiamo modificato il nostro programma originario. Pertanto, se Eolo e la fortuna ci assisteranno, lasceremo invariato il giro delle Cicladi in primavera. Tuttavia, invece che a Kalamata, Habibti resterà a Lavrion per qualche mese e in settembre ci spingeremo verso la penisola Calcidica. Una zona fortunatamente ancora poco battuta dell’Egeo. Nelle bellissime Ionie, come già fatto in passato, ci torneremo fuori stagione. Le regole, se si vuole godere ancora di un po’ di tranquillità in Mediterraneo, purtroppo oramai sono queste.

(Giornale di bordo)

lunedì 5 dicembre 2022

Veracruz


Il galeone Purisíma Virgen de Guadalupe mollò gli ormeggi, trainato verso il largo da decine di scialuppe a remi. Appena uscito dalla rada, spiegò le vele dei cinque alberi, subito gonfiate da un vento teso di levante. Avrebbe dovuto affrontare la traversata di bolina, almeno in quell’inizio del lungo viaggio. I trecento uomini dell’equipaggio eseguivano la complessa serie di lavori come un alacre formicaio in cui ciascuno conosceva il proprio compito, sotto gli ordini e le esortazioni di nocchieri e nostromi, mentre gli ufficiali di bordo osservavano il corretto svolgimento di ogni manovra. La stazza del Purísima Virgen de Guadalupe era addirittura superiore a quella del galeone su cui Lucero era arrivato nella Nueva Espana. Vantava un armamento poderoso: le batterie delle murate assommavano a ventisei pezzi da diciotto libbre, capaci di un devastante volume di fuoco, a cui si aggiungevano le colubrine da dieci libbre del ponte di coperta. Lucero non era dell’umore giusto per apprezzare quel prodigio della sapienza marinara, frutto di secoli di navigazioni e progettazione di navigli. Se ne stava in disparte sul cassero di poppa, appoggiato alla balaustra, con la pipa accesa in mano, lasciandosi dietro volute di fumo denso, mentre guardava allontanarsi ineluttabilmente la fortezza di San Juan de Ulúla, il lungo Malecón alle spalle delle mura, la città di Veracruz dove, in un punto ormai indistinguibile, c’era la taverna di Raquel…

(Pino Cacucci, L’Elbano errante)

martedì 29 novembre 2022

La Cintura di Orione


L’equipaggio di trecento uomini manovrava le vele con maestria, in un incessante via vai di sartie e alberi, coffe e pennoni, stralli e drizze… I venti alisei ben presto le gonfiarono, spingendo il maestoso galeone attraverso le onde per il momento benevole, appena uno sciabordio sulle alte murate, ma il Mar Oceano era famigerato per le improvvise tempeste. Quella notte il cielo era terso . Senza luna. Lucero se ne stava sdraiato all’ addiacciò sul castello di prua a osservare il firmamento che sembrava cascargli addosso. Individuò la Cintura di Orione, il Grande Cacciatore, una tra le poche costellazioni che conoscesse. Si chiese se tra quell’infinità di punti che risplendevano tremolanti nel blu talmente scuro da apparire nero, vi fosse anche la sua stella. 

(Pino Cacucci, L’elbano errante)

lunedì 21 novembre 2022

Napoli


Splendeva il sole sul Golfo di Napoli, quel mattino, Lucero restò affascinato dalla vista che si spalancava davanti alla prora della galea. Il possente castello del Maschio Angioino, e l’altra fortezza sul l’isolotto detta Castel dell’Ovo, unita da un ponte di pietra e scogli alla terraferma; poi, sulle alture, si scorgevano la cinta muraria con la piazzaforte di Sant’Elmo e la mole imponente del Vesuvio a sovrastare e conquistare l’intero panorama… e la miriade di imbarcazioni di tutte le dimensioni che pullulava in porto, nelle acque della vasta rada, e avvicinandosi ai moli si cominciavano a delineare chiese e monasteri, palazzi sontuosi, svettavano su un mare di case, casupole e catapecchie…

(Pino Cacucci, L’elbano errante)

mercoledì 9 novembre 2022

Livorno


Livorno lo aveva inebriato: il grande porto popolato di galee militari con le insegne del ducato al vento, vecchi dormono a remi e grandi caracche a tre alberi, leudi liguri e gozzi da pesca, bragozzi da trasporto e persino una caravella con la bandiera spagnola sulla sommità dell’albero maestro, e tante piccole imbarcazioni che andavano e venivano tra i moli.

(Pino Cacucci, L’elbano errante)


martedì 4 ottobre 2022

Bodrum


La sveglia è alle 7. Porto subito i nostri bagagli all'albergo. Alle 8.15 arriva Ozgur con un suo assistente. Il vento, come speravamo, si è leggermente calmato e possiamo togliere le vele in sicurezza. Togliamo anche i pannelli solari ed il bimini. Poichè terminiamo prima del previsto telefono a Mustapha di Yat Lift chiedendogli se possiamo anticipare l'alaggio della barca. Il vento si sta nuovamente alzando e nel pomeriggio rischiamo che aumanti ancor di più. Mi da appuntamento alle 11. Arriviamo allo Yat Lift puntuali. Sul travel lift c'è ancora uno yacht a motore, così ormeggiamo all'inglese nel bacino d'alaggio. Completiamo le pratiche amministrative e paghiamo la nostra permanenza fino a fine marzo 2023. Conversiamo un poco con Ali, il proprietario del cantiere che mi mostra i miglioramenti apportati negli ultimi mesi. Purtroppo alle spalle del cantiere stanno costruendo un depuratore. Una grande struttura che finirà con il deturpare questo bell'angolo della baia di Bodrum. Ali mi racconta brevemente quali interessi vi sono dietro a quest'opera. Aliamo Habibibti nel primo pomeriggio. Con un getto a pressione di acqua calda viene lavata per bene la chiglia. Il prossimo anno occorrerà rimuovere i vari strati di antivegetativa che con gli anni si sono accumulati. Poi viene messa in un invaso in fondo al grande piazzale del cantiere. Mustapha la sposterà nei prossimi mesi in un posto più agibile al fine di metterla nuovamente in acqua a fine marzo. In effeti, durante la stagione invernale, il piazzale dello Yat Lift si riempie come un uovo. Ormai la maggior parte delle barche che vengono accolte dal cantiere sono grandi yacht a motore. Ali mi spiega che sono più redditizzi: meno clienti da gestire, meno problemi e maggiore guadagno. E' senz'altro così, ma è un peccato per i proprietari delle piccole imbarcazioni come la nostra che a Bodrum vedono ridotte le possibilità di lasciare qui le loro barche nel periodo invernale. Il nostro posto, fortunatamente, vista l'affezione che hanno per noi è sempre garantito. In futuro si vedrà. In taxi ci facciamo accompagnare in albergo. Ceniamo al solito "Gemibasi", dove ormai ci riconoscono ogni volta. Domattina alle 11.30 abbiamo l'aereo per Roma, dove ci fermeremo per poco tempo. Faremo anche una breve puntata in Toscana per poi andare a Torino per un paio di giorni prima di rientrare a Riad. Come ogni anno, al momento del decollo dall'aeroporto di Milas-Bodrum il nostro pensiero non può che andare alla nostra piccola Habibti che ci aspetterà paziente fino alla prossima primavera. 

(Giornale di bordo)

lunedì 3 ottobre 2022

Bodrum

 
Nella notte il vento ha continuato a soffiare forte e in mattinata è aumentato ulteriormente. Di togliere le vele oggi non se ne parla proprio. Con Ozgur restiamo intesi che lo faremo domattina presto, quando il vento è previsto diminuire per qualche ora. Speriamo! Le pulizie a bordo proseguono per gran parte della giornata. Pranziamo in pozzetto. Quei rompiscatole dei gommoni che entrano ed escono dal porto continuano a farci ballare non poco. A quelli che davvero esagerano, mando qualche accidenti ad alta voce. Ma serve a poco. Prepariamo le valige che domattina porteremo in albergo prima di alare Habibti. Sottocoperta la barca assume la sua conformazione "da rimessaggio", con i sacchi del code 0 e del gennaker appoggiati sul paiolo e due teli  a coprire i divani. L'ancora di poppa è stivata nel bagno e la cabina di poppa si trasforma in una sorta di magazzino. La sera ci sediamo nella terrazza del Marina Club bevendoci un aperitivo. L'unico vantaggio del posto barca in cui siamo ormeggiati è che, di fatto, disponiamo del Marina Club tutto per noi. Con il buio ormeggia accanto a noi un enorme gommone a chiglia rigida. E' sicuramente il tender di qualche superyacht ormeggiato nella baia. Più tardi farà la spola per portare a terra un gruppo di russi smargiassoni. Dalla cuccetta sento Tania discutere con i due marinai del gommone. Effettivamente i due potenti motori fuoribordo sono ad una spanna dalla nostra murata rischiano di sbatterci contro. Di malavoglia ma si spostano. E' sempre utile avere una agguerrita piccola vedetta lombarda a bordo.

(Giornale di bordo)

domenica 2 ottobre 2022

Kucuk Adasi - Bodrum

 
Le previsioni per la prossima settimana danno vento sostenuto da nord-ovest. Speriamo di riuscire a trovare un momento favorevole per togliere le vele. Entriamo nel Milta Marina alle 8.40 e facciamo il pieno di gasolio. Il serbatoio è a metà. La maggior parte del consumo è avvenuta durante i primi quindici giorni di navigazione in quanto nel restante periodo siamo andati quasi esclusivamente a vela. Il prezzo del gasolio, con il cambio a nostro favore, è sicuramente più interessante qui piuttosto che se avessimo riempito il serbatoio in Grecia. Purtroppo ai pontili del Marina non c'è posto. L'unico disponibile è sulla banchina all'ingresso del porto, proprio davanti al Marina Club. Il posto sarebbe molto carino se non si risentisse delle onde provocate dalle barche che entrano ed escono dal porto. Ad infastidire di più sono i gommoni che nonostante il limite di velocità di 3 nodi sfrecciano avanti ed indietro a tutto gas. Anche la maggior parte degli yacht a motore se ne strafregano di rispettare il limite in barba al distaccamento della Guardia costiera i cui uffici si trovino all'ingresso del porto. Per un'oretta si affianca a noi un'imbarcazione in legno che ospiterà a bordo il comitato di regata. Oggi, infatti, è la seconda giornata della regata che si svolge nella baia antistante Bodrum. Verso le 10.00 le numerose imbarcazioni che gareggiano ci sfilano accanto. Io mi dedico a lavare la barca e le cime. Un lavoro che prende sempre un sacco di tempo. Nel frattempo Tania pulisce sottocoperta. Portiamo anche la biancheria a lavare. Ce la restituiranno domani in serata. D'altra parte di dormire le ultime due notti nel sacco a pelo lo avevamo già messo in conto. Verso sera ormeggia accanto a noi una barca a vela con quattro giovani a bordo. Li salutiamo mentre scendiamo a terra per andare a cena da "Gemibasi". Abbiamo invitato Ozgur e Semra, i nostri due cari amici che vivono a Turgutreis. Come sempre con loro trascorriamo una piacevolissima serata. Con Ozgur i discorsi non sono mai banali. Mentre siamo seduti a tavola ecco che cominciano ad arrivare le prime raffiche del vento forte atteso in queste ore. Con Ozgur, che dovrebbe venire domani a togliere le vele, restiamo intesi che ci aggiorneremo di prima mattina, anche se entrambi abbiamo seri dubbi che domani ci sarà possibile farlo.

(Giornale di bordo)

sabato 1 ottobre 2022

Pserimos - Kucuc Adasi

 
Notte molto umida. Al risveglio la coperta di Habibti è bagnata come se avesse piovuto. Partiamo presto. Vento da nord-ovest. Lungo la costa ridossata di Pserimos si alternano zone con un po' di vento catabico ad altre senza vento. Una volta superato il capo meridionale dell'isola il vento diventa più regolare. Inizialmente si stabilizza sui 5 nodi, facendoci progredire come delle lumache, poi gradualmente rinforza fino a 20 nodi, il che ci consente una divertente navigazione al gran lasco. Raggiunta la costa turca attraversiamo il passaggio tra la terraferma e l'isolotto di Kargi Adasi. Lasciato lo scoglio di Kocek Adasi sulla sinistra puntiamo sul cosidetto "acquario". In questo tratti il vento diminuisce nuovamente ed accendiamo il motore. Diamo fondo nella baia di Kucuk Adasi, che conosciamo bene. Come sempre c'è qualche barca con le cime a terra, ma noi preferiamo stare alla ruota. Durante la giornata c'è il solito andirivieni dei caicchi provenienti da Bodrum. La baia diventa molto affollata, tanto più che è sabato. Verso sera quasi tutti se ne vanno e ritorna la tranquillità. Si affaccia anche il gommone della gendarmeria che fa qualche controllo ai caicchi ormeggiati nelle nostre vicinanze. Noi veniamo risparmiati. Quando ci passano accanto faccio un cenno di saluto al quale rispondono con una leggera alzata di capo. Come a dire: "Poca confidenza!" E' la nostra ultima notte in rada di quest'anno. Nei prossimi due giorni abbiamo un posto prenotato al Milta Marina di Bodrum, trovato con grande difficoltà in quanto in questo fine settimana vi sono delle regate e il Marina è pieno zeppo. Domani e dopodomani mi toccherà la solita corvé prima di alare Habibti per l'inverno.
 
(Giornale di bordo)

venerdì 30 settembre 2022

Kos - Pserimos

 
Con il vento che continua a soffiare da est, oggi la destinazione perfetta per una bella navigazione a vela è raggiungere l'isola di Pserimos, una decina di miglia ad ovest di Kos. Prima di lasciare il Marina in un negozio di nautica trovo il prodotto per pulire il teak che ormai uso da anni con soddisfazione e che non sempre è facile reperire. Ne approfitto anche per comprare una pompa per il wc Jebasco da tenere di riserva. E' bene non dimenticare che tra le cose che più si utilizzano in barca, e quindi rischiano di rompersi prima a bordo, vi è prorio il gabinetto. Appena usciti dal  Marina apriamo le vele. Lasciamo a sinistra la zona di bassi fondali appena a nord dell'ingresso di Mandraki e facciamo un lungo bordo al gran lasco che ci porta quasi all'altezza della punta settentrionale di Pserimos. I 20 nodi di vento fanno correre Habibti veloce sull'acqua. Cambiato bordo ridiscendiamo puntanto su Ak. Roussa, il capo meridionale dell'isola sul quale si trovano un faro e alcune caserme di un distaccamento militare greco. Un ultimo bordo procedendo quasi a fil di ruota ed eccoci arrivati a destinazione. Nella baia di fronte all'abitato di Pserimos c'è qualche barca alla fonda. Troviamo un posto anche noi in 4 metri d'acqua. Montato il copriranda scendiamo a terra. Il bar-taverna con i tavoli sulla spiaggia nel quale ci eravamo fermati l'ultima volta è chiuso. L'anziana signora che lo gestiva ha deciso di interrompere l'attività che non è stata rilevata dai giovani della famiglia. Così ci sediamo da "Anna", l'unico bar aperto anch'esso sulla spiaggia. Il proprietario si chiama Nicola e per tanti anni ha vissuto a Darwin in Australia. Cinque anni fa, con la moglie hanno deciso di far ritorno nell'isola di origine dei genitori dove hanno aperto questo bar, che affitta anche alcune camere poste al primo piano. Nicola è un tipo simpatico ed estroverso, amante della musica degli anni '70. Ordiniamo una caraffa di vino bianco fresco che ci viene servito con del pane e delle olive. Verso le due del pomeriggio arrivano in massa numerosi caicchi carichi di turisti. Nel giro di dieci minuti, la spiaggia e il bar che erano deserti si riempiono di gente. Trascorriamo il pomeriggio a guardare questo andirivieni. Nicola, che corre come un indemoniato da un tavolo all'altro prendendo gli ordini e portando le consumazioni, ci dirà che tutti i caicchi sono di base a Kos: alcuni si fermano qui il mattino, a partire dalle 11, per poi proseguire nel pomeriggio per Kalimnos e rientrare la sera a Kos, altri la mattina vanno diretti a Kalimnos e si fermano qui il pomeriggio per rientrare alla base prima che venga notte. In effetti alle 17.30 l'isola ritorna ad essere deserta. Facciamo anche la conoscenza di due ragazzi italiani dall'aria simpatica e un po' alternativa. Alloggiano in una delle camere della taverna trascorrendo qui alcuni giorni di vacanza. Tra gli avventori del bar c'è anche un anziano signore dall'aria rugosa e mingherlina. Nicola ci dice che ha settantacinque anni e che trascorre qui tutta la giornata bevendo almeno 25 birre e fumando cinque pacchetti di sigarette al giorno. Quando ci avviamo verso il tender per rientrare in barca lo salutiamo e ci risponde con un ampio sorriso e un gesto della mano. Un tipo un po' strambo, ma gioviale. Ceniamo in barca. Habibti è rimasta tutta sola nella baia.

(Giornale di bordo)

giovedì 29 settembre 2022

Kos

All'alba facciamo una lunga camminata fino al capo nordorientale di Kos. Una decina di chilometri tra andata e ritorno. Alle 8.30 siamo nuovamente in barca e, dopo una doccia e colazione, verso le 10 affittiamo un motorino con il quale andremo alla scoperta dell'isola. A Kos, negli anni, mi sono già fermato diverse volte. Una quindicina di anni fa anche Nausicaa, la mia precedente barca, era rimasta ormeggiata qui per alcuni mesi. Tuttavia non avevo mai approfittato di queste soste per dedicarmi a conoscere un po' meglio il resto dell'isola. Il motorino è uno scooter con un motore di 150 di cilindrata con una buona ripresa. Per prima cosa andiamo in un negozio di biciclette poco fuori città dove compriamo una pompa a mano. Uno strumento che a bordo ha sempre la sua utilità nel caso dovessimo gonfiare un parabordo o aggiungere un po' di pressione al vaso d'espansione. Quindi raggiungiamo Fokas Beach, dove si trova un complesso residenziale posto sull'estremità orientale dell'isola. Qui la strada asfaltata finisce e siamo obbligati a ritornare sui nostri passi. Girovaghiamo un poco alla ricerca di una strada secondaria che ci porti sul crinale della catena montuosa che separa il lato settentrionale dell'isola, piuttosto pianeggiante, da quello meridionale, caratterizzato da ripidi pendii a picco sul mare. Finalmente ne troviamo una che dopo alcuni chilometri diventa sterrata. Raggiungiamo così uno dei punti più elevati dell'isola dal quale si gode una vista spettacolare. Le pendici delle montagne che abbiamo appena attraversato sono ricoperte di conifere che emanano un forte profumo di resina. Ci godiamo un po' di refrigerio alla loro ombra. Sul crinale ci sono alcuni stazzi delimitati da recinti dentro ai quali pascolano greggi di pecore e capre. Tranne questi ultimi tutt'intorno non vediamo anima viva. Seguiamo una strada sterrata che dopo una quindicina di chilometri si immette in una stretta strada asfaltata immersa nella foresta che ci conduce fino all'abitato di Zia. Qui, lungo una ripida e dissestata salita, raggiungiamo una taverna con una terrazza panoramica su tutta la parte settentrionale dell'isola. I pochi altri avventori sono arrivati fin qui a piedi o a bordo di fuoristrada. Nel pomeriggio, lungo una strada a tornanti, ridiscendiamo verso il mare. Qui ci fermiamo da Hatziemmanouil, una winery dove effettuiamo una parca degustazione e compriamo qualche bottiglia. Verso sera ci dirigiamo verso Kefalos, il villaggio all'estremità sud occidentale dell'isola. Un paesino con un piccolo porto occupato per lo più da pescherecci nel quale vediamo ormeggiata un'unica barca a vela. Sulla strada del ritorno, dopo il tramonto, siamo obbligati ad indossare le giacche che avevamo portato con noi. L'aria è decisamente fresca. Restituiamo il motorino che è già buio. E' tutto impolverato e mi giustifico dicendo che è a causa di un breve tratto di strada sterrata che abbiamo dovuto percorrere per raggiungere una spiaggia. Di confessare che avevamo percorso le dissestate strade di montagna di Kos non me la sono sentita. Dobbiamo avere tutti e due un'aria piuttosto sfatta. Infatti, passando a piedi davanti ad uno dei ristoranti sul lungo mare rientrando al Marina il proprietario, appoggiato alla veranda del locale, ci dice: "Hi guys!! You had a very long day, isn't it?". Il che la dice tutta sul nostro aspetto. Dopo una doccia ristoratrice trascorriamo la serata su Habibti gustandoci una bottiglia di vino bianco fresco e delle tartine con delle uova di lompo. La degna fine di una bellissima e stancante giornata.

(Giornale di bordo)

mercoledì 28 settembre 2022

Mersincik - Kos

 
Nella notte si è ballato un poco. Nell'insenatura si è instaurata un'onda fastidiosa onda da nord-est. Imprevista, in quanto le previsioni davano vento da sud-est. Verso le 3 di notte sento i marinai dello yacht a motore accanto a noi parlare in coperta. Inizialmente penso che lo yacht se ne stia andando in quanto si balla parecchio, ma poi capisco che stanno semplicemente spostando lungo la murata sottovento il grande gommone utilizzato come tender. Sempre a causa del dondolio durante la notte mi sveglio ancora un paio di volte. Alle prime luci dell'alba anche i nostri vicini sono già in piedi. Ci dicono che vorrebbero spostarsi sul fondo della baia mettendo due cime a terra con la prua in direzione del moto ondoso. Noi dobbiamo partire presto in quanto in mattinata abbiamo appuntamento con Andi a Kos per cercare di risolvere il problema dell'autoclave. I marinai dello yacht ci aiutano a recuperare le nostre cime a terra. Capisco che prima ce ne andiamo meglio riusciranno a fare la loro manovra d'ormeggio. Fuori della baia non c'è vento e decidiamo di non aprire le vele, ma una volta entrati nel canale che separa la costa turca dall'isola di Kos il vento aumenta fino a 20 nodi. Procedendo al traverso con il mare piuttosto formato l'andatura è decisamente disagevole. La barca con le vele chiuse è molto instabile. Aprendo il genoa le cose migliorano un poco. Una volta superato il capo ad est di Kos cominciamo a prendere le onde al gran lasco e l'andatura diventa più confortevole. Ormeggiamo con l'aiuto del personale del Marina che qui è sempre molto accogliente e professionale. Telefono ad Andi che non risponde. Così andiamo direttamente nel suo negozio che si trova all'interno del Marina. C'è la moglie che lo chiama dal suo telefono e me lo passa. Andi mi dice che passerà fra un'oretta, trascorsa la quale si presenta accompagnato da un suo collaboratore di origine albanese. Quest'ultimo si chiama Gentile. Un nome alquanto strano tanto che gli chiedo quale ne sia l'origine. Mi dice che suo padre era un gran tifoso della Juventus e che il suo begnamino era Claudio Gentile, un difensore che fece anche parte della nazionale. E così quando in famiglia nacque un figlio maschio gli affibbiò per nome il cognome del suo idolo. Gentile ha l'aria molto competente. Mi racconta che fa la manutenzione dei charter di base nel Marina. La sua diagnosi è che l'autoclave si sta rompendo. Quando gli dico che è montata da dieci anni mi guarda stralunato. Sui charter, mi dice, sono obbligati a sostituirla al massimo ogni due. Montiamo quella che ho a bordo di riserva ed il rumore torna ad essere quello corretto. Tuttavia, constatiamo che quando si aprono due rubinetti dell'acqua contemporaneamente la pressione diminuisce. Probabilmente si è rotta anche la membrana del vaso d'espansione in inox che Guido mi aveva già sostituito sei anni fa. Purtroppo di quest'ultimo non ho il ricambio e Gentile mi dice che lo dovrebbe ordinare a Rodi. Ciò significa che dovremmo attenderlo almeno fino a lunedì prossimo. Inoltre, vengo a sapere che in Grecia questo pezzo costa un'enormità, quasi 400 euro. Poichè utilizzando un solo rubinetto alla volta il sistema idraulico funziona ugualmente, decido che comprerò il vaso d'espansione in Italia sostituendolo all'inizio della prossima stagione. Grazie all'aiuto dell'amico Alessandro, che sento al telefono, ne ordino due da Osculati: uno per sostituire quello attuale e un secondo da tenere a bordo di riserva. Prezzo complessivo con tanto di spedizione a casa: 80 euro ciascuno. Cambiata l'autoclave ce ne andiamo a fare un giro per Kos. Sono le tre del pomeriggio e abbiamo appetito. Raggiungiamo a piedi la taverna un po' decentrata nella quale avevamo pranzato lo scorso aprile. Ai tavoli molti degli avventori sono turchi e così scopriamo che anche il suo proprietario, un omone dalla faccia gioviale che credevamo greco, è di orgine turca anche lui. Dopo pranzo facciamo due passi nell'area pedonale che si trova nel centro dell'abitato, una zona che non conoscevamo e che, benché molto turistica, è molto ben curata. I negozi di vario genere si alternano ai bar e ai ristoranti con i tavoli all'aperto. Nonostante si sia a fine settembre ci sono ancora tanti turisti. Fortuitamente facciamo la conoscenza di Kosta, il proprietario di un negozio di ceramica artigianale da cui compriamo un gallo da aggiungere alla collezione di mia madre. E' un signore sulla settantina, ex comandante della marina mercantile. Non ricordo bene come, ma il discorso cade su Panormitis, la località di Symi dove si trovano la chiesa dedicata all'Arcangelo Michele e il limitrofo monastero. Nel sentire che su Habibti conserviamo un'immagine dell'Arcangelo, a cui teniamo molto, che avevamo preso durante la nostra sosta a Panormitis, inaspettatamente Kosta si commuove. Ci racconta che da bambino era nato con una strana malformazione alla testa che lo rendeva oggetto di scherno da parte dei suoi coetanei. All'età di dieci anni sua madre decise di portarlo in pellegrinaggio a Panormitis chiedendo all'Arcangelo Michele una grazia. Incredibile a dirsi, ma sei mesi più tardi, senza che i medici sapessero trovare una spiegazione scientifica, quella malformazione era scomparsa. Nel raccontarci questa storia Kosta trattiene a stento le lacrime. Poi, per reagire, cambia discorso e ci dice che lui e la sua famiglia amano tantissimo l'Italia. A novembre hanno già prenotato un viaggio in Toscana per scoprire i vini di quella regione. Gli diamo qualche indicazione di cui prende nota. Rimaniamo intesi che la prossima primavera, quando dovremo ripassare per Kos, ci racconterà come è andata. Ormai è quasi sera e ce ne torniamo in barca. Il vento della mattina si è calmato e decidiamo che l'indomani ci dedicheremo alla scoperta dell'isola.
 
(Giornale di bordo)   

martedì 27 settembre 2022

Ginyap Koyu - Mersincik

 
Notte abbastanza calma, anche se ad una certa ora siamo stati un po' disturbati dal beccheggio provocato dalla leggera onda che entrava nell'insenatura. Per riprendere il sonno ci si è dovuti distendere di traverso rispetto all'asse lungitudinale della barca. Poco prima dell'alba il vento ha girato a sud-est e il ridosso è diventato ancora meno efficace. Pertanto partiamo sul presto, salutati dai campeggiatori appena usciti dalle loro tende. Apriamo le vele e superiamo Deveboynu Burun. Tenendoci a debita distanza dalla costa, al gran lasco raggiungiamo il capo a nord di Knidos. Un'altra barca a vela, che ha tutta l'aria di essere quella che ieri ha bordeggiato sottocosta risalendo insieme a noi, punta su Kos, probabilmente diretta a Bodrum. Noi invece intendiamo raggiungere Mersincik, un'insenatura che già conosciamo per esserci stati diverse volte in questi ultimi anni. Superato il capo il vento si smorza e per circa un'ora avanziamo a non più di 2 nodi di velocità. Poi dobbiamo chiudere le vele. Nell'insenatura di Mersincik troviamo alla fonda uno yacht a motore al quale ci affianchiamo a debita distanza portando due cime a terra. Questo posto è sempre magico: acqua trasparente e circondato da alte montagne con la vegetazione che arriva fino al mare. L'unico inconveniente è la presenza di qualche vespa, che però fa la sua apparizione solo all'odor del cibo. Oggi, infatti, preparo delle gustose linguine al pesto e pomodorini che emanano tutto il loro profumo. Il proprietario dello yacht accanto a noi trascorre il pomeriggio facendo volare un drone con il quale riprende la sua barca dall'alto e la zona circostante. Scambiamo con lui e la moglie due parole mentre passano a nuoto a poppa di Habibti. Al tramonto beviamo il solito aperitivo seduti a prua e poi ci ritiriamo sottocoperta. Ormai di trascorrere le serate in pozzetto non è più cosa.

(Giornale di bordo)

lunedì 26 settembre 2022

Datca - Ginyap Koyu

 
Al risveglio sposto leggermente Habibti al centro della baia. Nella notte il vento è calato del tutto e ci siamo avvicinati un po' troppo alla barca dei nostri vicini. Poi scendiamo a terra. Dobbiamo rinnovare gli abbonamenti delle linee telefoniche ed internet. Il negozio della Turkcell apre alle 9 e siamo costretti ad attendere per una mezz'oretta seduti su una panchina al suo esterno. Lasciamo Datca verso le 9.30 e procediamo a motore fino al traverso di capo Ince Burun. Qui apriamo randa e code 0. La direzione e l'intensità del vento ci fanno avanzare piuttosto lentamente in direzione dell'isola greca di Tilos che vediamo all'orizzonte. Procediamo così per circa un'ora e mezza e poi viriamo. Con un lungo bordo ci avviciniamo con una buona velocità alla baia di Palamut. Altra virata e altro lunghissimo bordo a perdere verso il largo. Infine, tolto il code 0, di bolina stretta puntiamo su Knidos, la nostra meta odierna. Il vento, sui 10 nodi, ci consente così di navigare a vela per tutta la giornata. A parte un'altra unica vela che ha optato per dei bordi più corti sottocosta, come quasi sempre accade tutte le altre barche a vela in giro stanno utilizzando il motore. Avvicinandoci a Knidos notiamo che la baia è piena di barche. Mi viene allora in mente che poco più a sud di quest'ultima, in occasione dei nostri ultimi passaggi da queste parti avevo notato una piccola insenatura protetta da un promontorio roccioso. Una volta vi avevo visto ormeggiato un caicco che aveva portato due cime a terra. Decidiamo di andare a darvi un'occhiata. Nell'insenatura, che sulla carta nautica è riportata senza nome, troviamo solo il piccolo gozzo di un pescatore che se ne sta andando, un paio di tende di un gruppo di campeggiatori e alcuni bagnanti. Diamo fondo portando due cime a terra. Il fondale è piuttosso roccioso, ma riesco a posizionare l'ancora su una larga macchia di sabbia. Al tramonto i bagnanti se ne vanno e restiamo solo noi ed i campeggiatori. Da una ricerca fatta su internet, scopriamo che il nome della baia è Ginyap Koyu. Decisamente una chicca questo posto, a condizione di essere disposti a beccheggiare un po' nel caso, come oggi, all'esterno vi sia un po' di onda da sud-ovest. Con la sera l'aria rinfresca. La temperatura ideale per gustarci una buona minestra calda accompagnata da una bottiglia di vino rosso.

(Giornale di bordo)

domenica 25 settembre 2022

Selimiye - Datca

 
Lasciamo la baia di Selimiye nella prima mattinata. Procediamo a motore fino al traverso di Ciftlik Limani, poi si alza un po' di vento ed apriamo il code 0. Ci godiamo una bella navigazione a vela fino alla baia settentrionale di Datca, dove diamo fondo in 5 metri d'acqua. E' la prima volta che ci fermiamo qui, avendo l'abitudine di ormeggiare alla banchina del porto o nella baia a sud del castello.  Volendo scendere a terra e pranzare da "Maradona", questo ancoraggio è molto più pratico in quanto più vicino. Inoltre, in questo modo possiamo tenere sempre sott'occhio la barca. Alle 16 scendiamo a terra con il tender a remi. Da Maradona ci sediamo ad un tavolo al bordo  dell'acqua ordinando una "casserole" di gamberetti, dei calamari alla griglia e mezza bottiglia di raki. L'ambiente, come sempre, è molto accogliente, ma purtroppo per la prima volta restiamo un po' delusi dalla cucina. La "casserole", un piatto caratterizzato dalla presenza di una salsa di pomodoro e del formaggio filante, manca di entrambi. Lo facciamo notare al cameriere che non trova altra scusa che quella di ammettre che il cuoco "si è dimenticato di aggiungerli". La verità è che vedendo due stranieri non pensavano di imbattersi in qualcuno che conosceva molto bene la ricetta di questo piatto. Peccato! Grazie a questa furbata il ristorante, che consideravamo tra i migliori conosciuti in Turchia in questi anni, ai nostri occhi ha perso molti punti. Al tramonto ritorniamo in barca. In serata telefono ad Andi, il proprietario di un negozio di nautica che avevamo conosciuto a Kos in aprile, per fissare un appuntamento per sostituire l'autoclave che continua a fare uno strano rumore quando entra in funzione. Ci vedremo mercoledì mattina. Vorrei veramente risolvere il problema prima di mettere la barca in secco per l'inverno. A questo punto non ci resta che trascorrere il resto della serata a bordo guardando da lontano le luci del lungomare e dell'abitato di Datca.
 
(Giornale di bordo)

sabato 24 settembre 2022

Kuyulu Buku - Selimiye

 
Anche stamattina ci svegliamo all'alba. Appena il sole fa capolino nella baia e i suoi raggi iniziano a riscaldare l'aria fresca della notte faccio un po' di yoga e la solita nuotata. La temperatura dell'acqua a quest'ora non è delle più invitanti, ma una volta che ci si immerge e si cominciano a muovere le articolazioni ci si abitua. Lasciamo la baia proprio nel momento in cui arriva una barca a vela con un equipaggio tutto femminile. Danno fondo nello stesso punto dove eravamo noi. Ci scambiamo un cenno di saluto mentre ci incrociamo. Usciti dalla baia apriamo il genoa. Facciamo una lenta navigazione con un leggero vento al traverso e poi, entrando nella baia di Selimiye, al gran lasco. Diamo fondo in 25 metri d'acqua di fronte al ristorante "Sardunya". Intorno a noi ci sono diverse barche, ma tutte alla debita distanza tra loro. Il fondo di sabbia è buon tenitore e la baia è ben ridossata quindi possiamo scendere a terra tranquilli. Facciamo un po' di spesa e compro un nuovo paio di occhialini per il nuoto. In quelli vecchi l'acqua comincia a filtrare attraverso una delle lenti. Tornati in barca sistemiamo la cambusa e poi scendiamo nuovamente a terra. Il pesce spada alla griglia mangiato l'altro giorno da Sardunya non può non essere replicato. Dal nostro tavolo sul terrazzo del ristorante teniamo d'occhio Habibti alla fonda, un paio di centinaio di metri davanti a noi. Dopo pranzo facciamo una passeggiata sul lungomare di Selimiye. Un paesino che si conferma essere davvero delizioso. Girovaghiamo un poco per i diversi negozi del paese. Verso sera, ritornati su Habibti, ci godiamo un aperitivo con il Retzina comprato a Kastellorizo seduti a prua, fino a quando il sole scompare dietro le montagne che ci circondano. Ed allora l'aria diventa immediatamente fresca e noi ci rintaniamo sottocoperta.
 
(Giornale di bordo)

venerdì 23 settembre 2022

Çubucak - Kuyulu Buku

 
Sveglia all'alba. Nuotato e fatto yoga. Attendiamo che si alzi un po' di vento per spostarci nella limitrofa Kuyulu Buku. Tutti i caicchi che ieri la affollavano se ne sono andati. Inoltre, essendo oggi giorno di cambio degli equipaggi anche per i charter, supponiamo che questa sera non dovrebbero esserci nemmeno troppe barche a vela in giro. Verso le 10 diamo fondo nella baia portando due cime a terra e legandole, come spesso abbiamo fatto fin'ora, a due grossi alberi. Trascorriamo la mattinata alternando qualche bagno ad un po' di lettura. Verso mezzogiorno compare nella baia il barcone di Carrefour che segnala il suo arrivo con due colpi di sirena. Lo raggiungo con il tender per comprare un po' di ghiaccio. Ritornato in barca, Tania mi dice che dei tipi sulla spiaggia le hanno fatto capire che dobbiamo togliere le nostre cime dagli alberi a cui sono legate. Dicono di essere delle guardie forestali, anche se sono tutti vestiti in borghese. Quelli della barca vicino a noi, le cui cime in effetti sono legate ad un grosso masso, ci dicono che negli ultimi tempi le autorità stanno facendo applicare una vecchia legge che fino ad ora non è mai stata rispettata. La ratio è quella di proteggere i tronchi che potrebbero essere danneggiati dalle cime quando il vento le mette in tensione. Il principio è assolutamente condivisibile. Il fatto è che i primi a non rispettarlo sono proprio le imbarcazioni più grandi, in particolare i caicchi, che a causa del loro peso sono quelli che rischiano di fare danni maggiori. In ogni caso c'è poco da discutere, togliamo le cime e diamo fondo restando alla ruota poco lontano. Pranziamo con due uova al tegamino ed un'insalata. L'ancoraggio è ben ridossato, tanto che non si percepisce minimamente il vento che come gli altri giorni rinforza nel pomeriggio. In compenso, nel tentativo di sbarazzarmi di un insetto dalla forma di una vespa gigante, non trovo di meglio che farmi pungere su un dito, con il risultato che oltre al dolore lancinante trascorro il resto del pomeriggio a spalmarvi sopra una crema a base di cortisone. La giusta punizione per i miei istinti omicidi. Nel pomeriggio ricevo per mail la risposta ad un quesito che avevo posto all'Hallberg Rassy su come procedere alla pulizia del serbatoio del gasolio. Un'operazione che continuo a rimandare di anno in anno ma che è giunto il momento di fare assolutamente. Scopro che è molto più semplice di quanto credessi. Immaginavo, infatti, di dover svuotare completamente il serbatoio per pulire il fondo da eventuali residui di acqua e di morchia. Invece, quelli del cantiere mi spiegano che esiste una valvola connessa ad un tubo che pesca direttamente dal fondo del serbatioio che è sufficiente aprire. Una volta aperta occorre aspirare con un'apposita pompa il gasolio travasandolo in un contenitore finchè questo non esce perfettamente pulito. Il consiglio è di effettuare questa operazione all'inizio di ogni stagione. Cosa che fino ad ora io non ho mai fatto, limitandomi ad aggiungere ad ogni pieno del Fastoil e dell'Ecobact. Dopo la puntura dell'insetto, la giornata procede un po' di traverso. Nel richiudere lo sprayhood, che sono solito abbassare per fare circolare meglio l'aria in pozzetto, sforzo la cerniera scucendo un pezzo della linguetta in tessuto che la protegge dai raggi solari. Una sciocchezza, ma dovrò chiedere ad Ozgur di farla ricucire a macchina una volta lasciata la barca a Bodrum. Con quest'ultimo inconveniente si conclude la giornata.  cavolata termino la giornata. Trascorreremo il resto della serata sottocoperta. All'esterno comincia a fare un po' troppo freddo.
 
(Giornale di bordo)

giovedì 22 settembre 2022

Kizkumu Koyu - Çubucak

 
Come programmato partiamo verso le 8. Appena usciti dall'ansa ridossata nella quale si trova il pontile constatiamo che il vento, che è solito aumentare nel primo pomeriggio, ha già cominciato a soffiare più forte rispetto ai giorni precedenti alla stessa ora. La baia di Kuyulu Buku, dove intendevamo andare, è piena zeppa di caicchi e di yacht a vela e a motore. Pertanto decidiamo di provare un posto nuovo, Çubucak, un'ampia insenatura nella parte settentrionale del golfo di Hisaronou, che sulle sue rive ospita un campeggio. Davanti a quest'ultimo sono ormeggiate un paio di piccole barche a vela. A bordo non vi è nessuno. Diamo fondo vicino a loro, a ridosso di un piccolo promontorio che offre un minimo di protezione dal vento da ovest. Scendiamo a terra e facciamo due passi nel campeggio. C'è una zona riservata ai camper e alle roulotte, dotata di piccole infrastrutture fisse, un'altra occupata dalle tende di grandi dimensioni ed infine una terza, più modesta, nella quale si trovano le tende più piccole. Il campeggio è immerso in una fitta pineta che offre un gradevole refrigerio. C'è anche un piccolo supermercato nel quale compriamo un po' di frutta. Torniamo a bordo poco prima che il vento cominci a rinforzare. Nel pomeriggio nell'insenatura entra una leggera onda che, per fortuna, non diventa mai fastidiosa. Purtroppo l'autoclave comincia a fare uno strano rumore. Pulisco il filtro ma il problema permane. La pressione dell'acqua è invariata, ma temo che il rumore anomalo sia il segnale che ne preannuncia la sua fine. Non mi preoccupo più di tanto in quanto a bordo ne abbiamo una di riserva. Nei prossimi giorni cercheremo di utilizzare l'acqua con ancora maggiore parsimonia. Trascorriamo la serata sottocoperta. All'esterno fa piuttosto fresco. Conversiamo per un poco e poi ci ritiriamo in cuccetta. Vento e mare si sono definitivamente calmati.
 
(Giornale di bordo)

mercoledì 21 settembre 2022

Kale Adasi - Kizkumu Koyu

 
Primo giorno d'autunno. Sarà per questo motivo, ma effettivamente l'atmosfera sembra proprio essere cambiata. Si respira la stessa aria di quando, in settembre, si ritornava in città dalle vacanze in attesa di riprendere la scuola. Un'atmosfera sospesa, un po' malinconica. Oggi ci raggiungerà Faruk. Verrà in auto da Gocek insieme a Connie, la sua "moglie tedesca", come è solito chiamarla.  Mi dice che ci penserà lui a trovare un posto dove poter lasciare Habibti ormeggiata al sicuro senza spendere una follia. Nel frattempo si è alzato un vento da nord sui 25 nodi che rinforza nel canale tra la terra ferma e Kale Adasi, dove siamo alla fonda. Habibti e le barche circostanti brandeggiano non poco. Faruk trova un posto per noi ad uno dei pontili in fondo alla baia. E' gestito da Jay, un turco sui trent'anni nato e cresciuto negli Stati Uniti, di cui ha mantenuto il forte accento quando parla inglese. Il luogo nell'insieme non è un granché ed è piuttosto in disordine, ma si trova nell'angolo più ridossato della baia. Quindi possiamo lasciare Habibti incustodita senza preoccupazioni di sorta. Raggiungiamo in auto Selimiye e andiamo a pranzo da "Sardunya", un ottimo ristorante con i tavoli a ridosso del mare che già conosciamo per esserci stati lo scorso anno. Il proprietario è un amico di Faruk che in questa zona pare conoscere davvero tutti. Ordiniamo un branzino e del pesce spada alla griglia da orgasmo papillare. Nel frattempo Faruk riceve una telefonata da Antonio, l'armatore di Alisee, che al momento si trova nella baia di Bozburun con il circuito elettrico in panne. Terminato di pranzare, lasciamo Tania e Connie a Selimiye e in auto raggiungiamo Bozburun. Nella baia il vento è molto forte. Avvistiamo Alisee che si trova alla fonda nel suo bel mezzo e telefoniamo ad Antonio che viene a prenderci con il gommone. Per raggiungere Alisee ci inzuppiamo per bene. Il gommone non è grande, siamo controvento e le onde sono alte e ripide. A bordo faccio la conoscenza di Maurizio, il padre di Antonio, che vive a Crotone, dove porteranno Alisee nei prossimi giorni atrraversando l'Egeo e lo Ionio. Fortunatamente il problema elettrico è presto risolto. Nel frattempo il vento è aumentato ulteriormente fino a raggiungere i 40 nodi. Dopo aver spostato la barca in una zona più ridossata della baia, salutiamo Antonio e Maurizio. A Selimiye recuperiamo Tania e Connie e rientriamo al pontile dove è ormeggiata Habibti. I nostri amici hanno ancora un paio d'ore di strada da fare prima di essere a casa. Faccio il pieno d'acqua e lavo la coperta in modo da essere pronti alla partenza domattina presto. Il mattino seguente è atteso l'arrivo di un'altra barca che ha gia' prenotato il posto in cui ci troviamo ora. Sono giorni in cui tutti cercano luoghi ben ridossati. Fino a domenica, infatti, il vento da nord-ovest continuerà a soffiare piuttosto forte con la punta massima giornaliera sempre nelle prime ore del pomeriggio. Durante la notte il vento si calma, per riprendere a soffiare nuovamente la mattina successiva. 
 
(Giornale di bordo)

martedì 20 settembre 2022

Sig Koyu - Kale Adasi

 
Ci svegliamo come al solito all'alba. La maggior parte di caicchi che ieri sera erano nella baia sono partiti che era ancora buio. Accanto a noi resta una sola altra barca a vela con a bordo una coppia di signori turchi. Dopo un po' di yoga e una nuotata scendiamo a terra con il tender a remi. La spiaggia è ancora deserta e facciamo una passeggiata sull'arenile. Una famiglia con due bambini piccoli si affaccia da una piccola tenda canadese piantata in un angolo della spiaggia. Un modo super economico di trascorrere le vacanze. Una signora in burkini esce dall'acqua dopo aver fatto il bagno. Di scoperto ha solo le mani, i piedi e una parte del viso. Il marito, in bermuda, la aspetta seduto sul pontile. L'immagine di una Turchia che rispettiamo, ma che non rappresenta, a nostro avviso, il suo volto migliore. Con il tender facciamo un ampio giro della baia spingendoci fino al suo ingresso dove si trova una villa immersa nel verde con un pontile privato al quale è ormeggiato uo yacht a motore di dimensioni considerevoli. Un paio di telefonate di lavoro e salpiamo. Dopo un breve tratto a motore per evitare di perdere tempo nel risalire il vento nel tratto di mare davanti a Sig Koyu e apriamo il genoa. A vela raggiungiamo l'insenatura ad ovest di Kale Adasi. Un altro dei luoghi a cui siamo affezionati in questa parte di Mediterraneo. Inizialmente, poichè domani verrà a trovarci Faruk, avevamo pensato di ormeggiare nel limitrofo Marti Marina. Ma il costo per una notte per una barca delle dimensioni di Habibti è di 130 euro, escluse acqua ed elettricità. Una vera follia. Manco fossimo a Porto Cervo! Così diamo fondo alle pendici dellla rocca su cui si trova la fortezza  bizantina. qui ci sono diverse barche, ma tutte ad una distanza più che accettabile l'una dall'altra. Per pranzo preparo delle penne a cui aggiungo il sugo con lo scorfano cucinato l'altro giorno. Una vera delizia. Nel pomeriggio sopraggiungono alcuni charter che offrono il solito spettacolo circense al momento di dare fondo. Un catamarano con dei russi a bordo ci impiega quasi un'ora. Per noi è un modo per trascorrere il tempo nel gurdarli, sempre con la speranza che nelle varie evoluzioni qualcuno non finisca per spedare la nostra ancora. Accanto a noi c'è un piccolo Najad che ricordavamo avere già visto l'ultima volta che siamo stati qui. Come la volta scorsa, gli occupanti hanno fatto la loro apparizione uscendo da sottocoperta solo verso sera. Poco lontano dal Najiad, a bordo di una pilotina c'è una coppia di tedeschi molto riservati. Nel pomeriggio il vento rinforza incanalandosi nello stretto passaggio caratterizzato da bassi fondali che delimita a nord la nostra insenatura. Poi scende il buio e il vento si calma. Intorno a noi tutto tace e non ci resta che ritirarci in cabina per la notte.
 
(Giornale di bordo)

lunedì 19 settembre 2022

Bulgaz Koyu - Sig Koyu

 
Nella prossima settimana è previsto vento forte. Petanto decidiamo di spostarci nelle baie ridossate verso il fondo di Hisaroun Korfezi. Ma prima di lasciare Bulgaz Koyu, facciamo colazione con Umit e Aicha che ci imprestano il loro gommone per andare a fare un po' di spesa a Bozburun. Verso le 12, dopo aver salutato con baci ed abbracci i nostri amici, salpiamo. Poiché hanno deciso di vendere la loro barca e diventare terricoli, ci chiediamo quando sarà la prossima volta che riusciremo a rivederli. Lasciata la baia apriamo subito le vele e risaliamo di bolina con due lunghi bordi tutto il golfo di Yasilova. Il vento sui 20 nodi ci consente una divertente navigazione a vela. Superata la secca di Atabol Kayasi procediamo più agevolmente al gran lasco inoltrandoci nel golfo di Hisaroun. Sempre a vela entriamo nella piccola baia di Sig Koyu, che si trova poco prima di Selimiye. Ci sono numerosi caicchi, ma riusciamo comunque a trovare un posto dove diamo fondo in 7 metri d'acqua restando alla ruota. E' quasi sera e prima che scenda il buio ceniamo in pozzetto con un'insalatona rucola, parmigiano, funghi e pomodorini. Trascorriamo il resto della serata senza accendere nemmeno una candela. Il cielo è pieno di stelle e, al buio più assoluto, ci abbandoniamo ad ammirare tutte le sue costellazioni.

(Giornale di bordo)

domenica 18 settembre 2022

Pedi (Symi) - Bulgaz Koyu

Dopo un bel sonno e una sveglia mattutina scendiamo a terra. Passeggiando passiamo accanto alla chiesa di Pedi. E' domenica e stanno officiando la messa. Entriamo e assistiamo a tutta la funzione al termine della quale ci viene offerto un pezzo di una focaccia dolce che il pope aveva precedentemente benedetto. Immaginiamo che per gli ortodossi sia considerato come una specie di ostia per la comunione. Facciamo un po' di spesa in un negozio e rientriamo in barca. Cucino un sugo al pomodoro al quale aggiungo la carne bianca degli scorfani che precedente avevo fatto bollire. Una volta pronto lo metto in frigo. Poi lasciamo Pedi alla volta di Bozburun. Qui ci attende Umit, l'amico turco conosciuto anni fa ad Asmalikoy, nel Mar di Marmara e che ogni anno incontriamo da queste parti. La traversata di una decina di miglia, data l'assoluta assenza di vento, la effettuiamo a motore. Il vento si alza improvvisamente proprio nel momento in cui stiamo entrando nella baia di Bozburun, ma ormai è inutile aprire le vele essendo di fatto giunti a destinazione. La barca di Umit è alla fonda a Bulgaz Koyu, un'insenatura ben ridossata dove ci eravamo già fermati lo scorso anno. Come al solito ci accoglie calorosamente insieme a Paris, il suo amato Yorkshire. Quest'anno ci attende anche un'altra novità: la scorsa settimana, infatti, si è sposato con Aicha, una bella signora quarantenne conosciuta a Bozburun lo scorso inverno. Trascorriamo con loro tutto il pomeriggio. Umit ci dice che hanno deciso di mettere in vendita la barca e con il ricavato comprare un camper sul quale trasferirsi a vivere. Non vuole imporre la vita su una barca alla moglie, ma entrambi non vogliono rinunciare ad una vita nomade, per loro simbolo di libertà. Una scelta ponderata, quella di Umit e Aicha che preferiscono vivere così piuttosto che nella loro casa ad Istanbul. Ceniamo insieme. Preparo degli spaghetti alla puttanesca, mentre Aicha un'insalata con tutte le verdure possibili ed immaginabili. La serata a bordo è gradevolissima. La conversazione, che effettuiamo con l'ausilio di google translator dall'inglese al turco richiede i suoi tempi, ma è sempre varia ed interessante. Rientriamo su Habibti che è piuttosto tardi, almeno per noi che ormai ci siamo abituati ad andare a letto all'ora delle galline.

(Giornale di bordo)

sabato 17 settembre 2022

Nisos Alimia - Pedi (Symi)

 
Alle 6.30 sentiamo dei passi leggeri in coperta. E' Mohammad che è salito su Habibti per liberare le cime del peschereccio e legare al gavitello la nostra cima d'ormeggio. Si muove lentamente per non svergliarci, ma anche noi ormai abbiamo l'abitudine di svegliarci molto presto. Usciamo in pozzetto e salutiamo i nostri amici mentre si allontanano. Speriamo in cuor nostro che oggi la loro giornata di pesca sia proficua. La vita del pescatore è dura e, con gli aumenti del costo del gasolio, sempre meno remunerativa. Come al solito do uno sguardo alle previsioni: fino a lunedì il tempo resterà stabile, con rinforzi del vento nel pomeriggio e ritorno della calma in serata. Lasciamo questo magnifico ancoraggio verso le 7.30. Il vento da sud-ovest ci consente una bella navigazione al gran lasco. Montiamo il gennaker. Il mare è un po' mosso e le onde al giardinetto ci aiutano ad incrementare un poco la nostra velocità. Puntiamo sul capo meridionale di Symi che raggiungiamo in quattro ore di navigazione. Sempre a vela imbocchiamo Steno Sesklion, il passaggio che separa Symi dall'isolotto di Nisos Seskli. Lo attraversiamo mentre  dalla parte opposta sopraggiunge l'aliscafo diretto a Panormitis. Alle nostre spalle vi sono due barche a vela che procedono a motore. Una di esse è  un Hallberg-Rassy con bandiera inglese che, visto che stiamo navigando con il gennaker al limite del fil di ruota, ci supera a poppa ad una certa distanza per lasciarci maggior margine di manovra. Superato il passaggio togliamo il gennaker e raggiungiamo la baia di Pedi con un vento catabico al traverso che ci fa raggiungere una velocità di oltre 8 nodi. A Pedi diamo fondo nella parte settentrionale della baia nelle vicinanze del nuovo pontile di Niki. Un paio d'ore più tardi, la nave cisterna che porta l'acqua a Symi e che era ormeggiata poco lontano ci fa spostare inutilmente per effettuare la sua manovra. Aspettiamo che si allontani e riprendiamo il nostro posto. Trascorriamo il resto del pomeriggio e una piacevole serata a bordo, lieti di essere ormeggiati di fronte a questo paesino poco mondano a due passi dalla confusione di Symi.
 
(Giornale di bordo)

venerdì 16 settembre 2022

Khalki - Nisos Alimia

Ci svegliamo presto. La notte è trascorsa tranquilla. La risacca, che qui ci hanno detto esserci spesso, non ci ha infastidito. In paese le varie attività iniziano di buon'ora e così verso le 8 scendiamo a terra per fare cambusa. Comprata un po' di frutta e di verdura, ci sediamo ad uno dei bar sul lungomare. Ordiniamo due spremute d'arancia ad un inserviente che non brilla certo per la sua simpatia. Il charter di tedeschi accanto a noi parte verso le 9. Dopo una decina di minuti salpiamo anche noi. La meta odierna è la vicina isola di Nisos Alimia, che dista circa 5 miglia. Qui diamo fondo nella baia di Ay Yorgos, che prende il nome dal santo a cui è dedicata la piccola chiesa bianca che si trova nelle vicinanze. Alle spalle della baia c'è anche un un monastero ortodosso. Appartengono senz'altro ai monaci le capre che stanno brucando la rada vegetazione che si trova ai bordi della spiaggia. Inoltre, ben visibili sul crinale della montagna retrostante vi sono i resti dell'imponente fortezza costruita dai Cavalieri di Rodi alla fine del 1400. Scendiamo a terra e raggiungiamo a piedi la chiesetta. Poco lontano da quest'ultima, seduto ad un tavolino posto all'ombra di alcuni alberi incontriamo l'equipaggio di una delle barche trovate nella baia al nostro arrivo: sono tre francesi che ci chiedono alcune informazioni su ciò che resta di alcuni baraccamenti sulle cui mura ci intravedono delle scritte in italiano. In effetti, Alimia, come le altre isole del Dodecanneso, divenne un possedimento italiano nel 1912 dopo la guerra italo-turca. In considerazione della sua particolare conformazione e della profondità dei fondali gli italiani vi stabilirono una base che ospitava dei sommergibili. I baraccamenti, per i militari della Regia Marina, risalgono a quel periodo. Nel 1948 l'isola divenne greca, ma cominciò gradualmente a spopolarsi fino a diventare completamente disabitata verso la fine degli anni '70. Ancora oggi, tranne i pochi monaci del monastero, non ci vive nessuno. Ritornati in barca ci spostiamo in una baia limitrofa e seguendo il suggerimento dell'amico Riccardo leghiamo la nostra cima d'ormeggio ad un'enorme e pesante gomena segnalata da un gavitello. Un volta sceso in acqua per verificare la solidità dell'ancoraggio ho una sorpresa davvero straordinaria. La gomena, infatti, è fissata saldamente al relitto di un piccolo sottomarino che giace ad una quindicina di metri di profondità proprio sotto di noi. Si tratta sicuramente di uno di quelli che erano stati affondati da un commando di sabotatori britannici durante il secondo conflitto mondiale. Avevamo letto questa storia sul web, ma mai avremmo pensato di imbatterci casualmente in uno di questi relitti. Verso la fine della mattinata danno fondo poco lontano da noi sia la barca dei francesi conosciuti a terra poco prima che quella con la bandiera svizzera che era ormeggiata accanto a noi a Khalki. Entrambe se ne andranno nel pomeriggio e per alcune ore restiamo completamente soli, padroni assoluti di questo luogo davvero magico. Solo al tramonto entra nella baia un peschereccio che vedo dirigersi verso il nostro gavitello. Convinto che sia di sua proprietà mi appresto a lasciargli il posto, ma prima che ciò avvenga uno dei pescatori mi fa capire a gesti che il peschereccio intende accostarsi a noi. Ed è così che conosciamo Kiriakos, il comandante, un signore greco sulla settantina e Mohammad, l'altro membro dell'equipaggio, un siriano emigrato in Grecia anni fa a causa della guerra in corso nel suo paese. La modalità con cui conversiamo tra noi è molto particolare in quanto Kiriakos parla solo greco, mentre Mohammad conosce il greco ma non l'inglese. Pertanto il dialogo avviene in questo modo: io comunico con Tania in italiano, lei traduce a Mohammad in arabo e quest'ultimo riferisce a Kiriakos in greco e viceversa. Un sistema un po' complesso ma efficace. Veniamo così a sapere che entrambi vivono a Rodi, che è da una settimana che sono per mare, ma che purtroppo la pesca non sta dando buoni frutti. Nonostante ciò, per ricambiare la bottiglia di vino e i biscotti che gli avevamo offerto riceviamo in regalo un sacchetto contenente un branzino, due scorfani e altri pesci a noi sconosciuti con i quali Mohammed ci suggerisce di preparare una zuppa di cui ci da la ricetta. Trascorriamo conversando tutta la serata attingendo molte notizie relative a questa zona. Veniamo anche a sapere che il gavitello a cui siamo entrambi ormeggiati è stato messo da un'agenzia di Rodi le cui barche portano qui i turisti per vedere il sottostante sottomarino. Alle 21 ci diamo la buona notte. Domattina Kiriakos e Mohammed intendono partire prima dell'alba.

(Giornale di bordo)