CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







martedì 6 agosto 2019

Poyraz Adasi - Ayvalik



Alle 2 di notte, quando mi alzo per controllare che tutto sia a posto l'anemometro segna 30 nodi. Bene avevo fatto la sera prima a rimuovere il tendalino e a dare un bel po' di catena. Ritorno a letto gustandomi il rumore del vento che soffia all'esterno. La baia e' ben ridossata e dopo esserci alzati con calma approfitto del fatto che le miglia odierne per arrivare ad Ayvalik sono poco piu' di una decina per fare qualche lavoretto a bordo. In particolare ripasso meticolosamente una delle cuciture dello spryhood che si era leggermente scucita in un punto. Ci impiego un po' di tempo ma alla fine sono soddisfatto. Nel frattempo Tania ed Elena si dilettano in una serie di partite a "tawle", come qui chiamano il backgammon. Marco, invece, continua ad essere immerso nella lettura. Poco piu' in la', l'equipaggio del catamarano che ha trascorso la notte in rada scende a terra. Li vediamo inerpicarsi districandosi tra i rovi sulla collina antistante. Poi, in tarda mattinata cominciano ad arrivare altre barche: prima un paio di piccoli gozzi con alcuni turisti a bordo, poi i caicchi che vengono preceduti dalla solita musica a tutto volume. E' venuto il momento di andarcene. Con il solo genoa aperto raggiungiamo l'ingresso del canale che conduce al tratto di mare antistante Ayvalik, racchiuso tra la terraferma e alcune isole dell'arcipelago tanto da creare una vera e propria laguna. Risalendo il  canale, che ha una profondita' di 5-6 metri, abbiamo il vento, sui 25 nodi, diritto sul naso. I fondali limitrofi non superano il mezzo metro. Guardandomi intorno, non vorrei mai che per qualche ragione il motore mi mollasse in questo momento. Un pensiero malsano, ma che mi obbliga a riflettere su quale manovra di emergenza potrei fare per togliermi eventualmente d'impaccio. Come diceva quel mio amico: "mai dare nulla per scontato e prevedere sempre qualsiasi eventualita'. Murphy è sempre in agguato!". Il traffico nel canale in questo momento e' quasi assente. Aumentera' sicuramente in serata quando i caicchi e le varie barche che abbiamo visto nel tratto di mare limitrofo faranno rientro in porto. Chiamiamo il Setur Marina sul canale 72 per informarli del nostro arrivo. Li avevamo gia' contattati il giorno precedente per assicurarci vi fosse posto. Ci accoglie all'ingresso un gommone che ci accompagna al posto assegnatoci aiutandoci nell'ormeggio. Ci sistemano all'inglese sulla banchina accanto al travel-lift. E' un'area ben protetta e ci connettiamo all'elettricita' allacciando anche il tubo dell'acqua. Habibti ha bisogno di una bella risciacquata per togliere le incrostazioni di sale che si sono formate in questi giorni. Una volta ormeggiati ci rechiamo agli uffici del Marina per effettuare le varie pratiche. Il costo per due notti, con acqua e luce incluse, e' di 75 euro. Il che per i canoni turchi ci sembra tantissimo, ma considerando che ci troviamo in un Marina e soprattutto paragonando i prezzi che avremmo trovato in un'analoga struttura in Italia, va benissimo. Il personale e' molto gentile, i servizi sono impeccabili e ugualmente lo e' la sorveglianza. Mi chiedo allora se cercare di risolvere qui il problema dell'elica di prua che dalla nostra partenza da Istanbul ha smesso di funzionare. A tale proposito, mi viene in mente quanto avevo letto in "Viaggio in Mediterraneo" di Giorgio Daidola, uno sciatore-velista-giornalista di Torino che aveva lasciato la sua barca a svernare ad Ayvalik qualche anno fa. Egli metteva in guardia sull'affidabilita' di un tecnico che gli aveva fatto alcuni lavori a bordo, segnalandone anche nome e cognome. Pertanto, prima di prendere appuntamento per il pomeriggio con il tecnico suggeritomi dal Marina mi accerto che non si tratti della stessa persona. Daidola non si era sbagliato in quanto quando, in modo molto accorto, nomino al personale del Marina il nome del tecnico "incriminato" percepisco dalla loro reazione la cattiva reputazione di cui egli gode. Dopo esserci registrati facciamo uno spuntino leggero da "Bloom", un bar accanto agli uffici del Marina. Poi, mentre Elena e Marco si informano in citta' su come poter raggiungere Smirne l'indomani, con Tania restiamo in barca. Verso le 17 si presenta un giovane elettricista accompagnato da un inserviente del Marina che dovrebbe fungere da traduttore. Entrambi sono molto gentili, ma non risolutivi. Rimando pertanto la soluzione del problema in un'altra occasione, magari a Cesme. In fondo l'elica di prua e' una comodita' ma non e' essenziale. Mentre sono seduto in pozzetto in compagnia di una birra noto nell'antistante piazzale, utilizzato dal cantiere un Hallberg-Rassy 40, "Freedom" immatricolato a Livorno. Seppur sia in un invaso, si tratta della prima barca italiana che incontriamo quest'anno nonostante le diverse centinaia di miglia percorse. La sera, con il fresco, ci incamminiamo verso il centro cittadino sul lungomare, accanto alla trafficata strada principale. Cerco inutilmente il tabacco da rollare nei vari chioschi disseminati lungo la strada e infine ceniamo in un locale un po' fuori mano, l'unico dove cucinano kebab di pollo e agnello servendoti anche degli alcolici. Infine, prima di rientrare al Marina compriamo, dopo averle doverosamente assaggiate, alcuni vasetti di ottime olive locali, alcune grigliate e altre farcite con delle mandorle. Una vera "delicatezza"!!!

(Giornale di bordo) 

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