CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







lunedì 5 dicembre 2022

Veracruz


Il galeone Purisíma Virgen de Guadalupe mollò gli ormeggi, trainato verso il largo da decine di scialuppe a remi. Appena uscito dalla rada, spiegò le vele dei cinque alberi, subito gonfiate da un vento teso di levante. Avrebbe dovuto affrontare la traversata di bolina, almeno in quell’inizio del lungo viaggio. I trecento uomini dell’equipaggio eseguivano la complessa serie di lavori come un alacre formicaio in cui ciascuno conosceva il proprio compito, sotto gli ordini e le esortazioni di nocchieri e nostromi, mentre gli ufficiali di bordo osservavano il corretto svolgimento di ogni manovra. La stazza del Purísima Virgen de Guadalupe era addirittura superiore a quella del galeone su cui Lucero era arrivato nella Nueva Espana. Vantava un armamento poderoso: le batterie delle murate assommavano a ventisei pezzi da diciotto libbre, capaci di un devastante volume di fuoco, a cui si aggiungevano le colubrine da dieci libbre del ponte di coperta. Lucero non era dell’umore giusto per apprezzare quel prodigio della sapienza marinara, frutto di secoli di navigazioni e progettazione di navigli. Se ne stava in disparte sul cassero di poppa, appoggiato alla balaustra, con la pipa accesa in mano, lasciandosi dietro volute di fumo denso, mentre guardava allontanarsi ineluttabilmente la fortezza di San Juan de Ulúla, il lungo Malecón alle spalle delle mura, la città di Veracruz dove, in un punto ormai indistinguibile, c’era la taverna di Raquel…

(Pino Cacucci, L’Elbano errante)

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