Mentre Marco ed Elena vanno a fare i fanghi nelle
pozze di zolfo e poi un bagno alle terme naturali, ne approfitto per andare a
vedere con Luca il suo "Baldin". Un motorsailer decisamente robusto e
che si porta ottimamente i suoi quasi trent'anni di vita. Mentre attendiamo i
nostri amici, ormeggia accanto a noi, in modo piuttosto maldestro, un Sun
Odissey. Si avvicina alla banchina senza aver messo i parabordi, con le cime
d'ormeggio ancora nel gavone e il tender legato a poppa. Detto tutto! Lasciamo
Vulcano verso le 11. Apriamo il gennaker e a debita distanza di sicurezza
costeggiamo la parte settentrionale dell'isola. Vedendola dal mare ci pare
ancora più bella. Verso Capo Gelso si vedono dei vigneti rigogliosi e fra
questi un paio di case da sogno. Siamo diretti a Milazzo e dopo qualche ora di
lenta navigazione, durante la quale Marco ha commentato che la Mehari in salita
andava molto più veloce di noi in quel momento, superiamo l'omonimo capo.
Individuiamo una caletta deserta dove gettiamo l'ancora per fare un bagno. Il
posto, segnato sulla carta come "Cala dei Liparotti", è talmente
gradevole che decidiamo di trascorrervi la notte. Poco dopo il nostro arrivo,
per non smentire la nota legge della barca alla fonda descritta in modo
magistrale da Arturo Perez-Reverte nel suo "Anche le barche si perdono a
terra", di cui consiglio vivamente la lettura, si fermano accanto a noi,
vicine vicine, alcune barche a vela che, al tramonto, si dirigono verso il
porto, tranne una che però è ormeggiata più lontano. La rada è ben protetta dal
leggero maestrale, alle nostre spalle un antico monastero, tutto intorno
silenzio e noi trascorriamo una serata alla fonda in tutta tranquillità.
(Giornale di bordo)
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