Durante la notte si è ballato un poco. Il mare,
all'apparenza era un olio, ma il fatto che non ci fosse un alito di vento
faceva sì che la barca reagisse in modo esagerato al leggero moto ondoso che la
colpiva al traverso. Rollio fastidioso. L'aria è umidissima perciò prima di
partire lasciamo che il sole riscaldi un poco l'atmosfera. Sono le 8.15 quando
aliamo l'ancora. Ci restano da percorrere le ultime 35 miglia per arrivare a
Gouvia dove Habibti trascorrerà il prossimo inverno. Prima di lasciare Othonì vado a gettare uno sguardo al nuovo pontile che è stato costruito e che non è
ancora riportato sul portolano. Ci stanno, comode e ormeggiate all'inglese,
quattro o cinque barche. Il fondale è sui 4 metri. C'è anche la possibilità di
ormeggiarsi di poppa su una gettata in cemento, ma il fondo è roccioso e
l'ancora potrebbe facilmente restare impigliata. Lasciamo le isole di Erikoussa
e Matraki rispettivamente sulla sinistra e a dritta. Poi attraversiamo lo
stretto passaggio largo circa un miglio che separa Corfù dalla costa albanese.
Mi colpisce il numero di cipressi disseminati sui pendii dell'isola che, grazie
alla forte umidità, è verdissima. Aumenta anche il numero delle barche in mare,
molte all'ancora nelle numerose e attraenti calette. Sono per lo più charter
con equipaggi tedeschi, inglesi e russi. Gli stessi che incontriamo in massa
una volta giunti in porto. Una volta percorso il canale indicato da boe rosse e
verdi chiamo sul canale 69 il Marina e annuncio il nostro arrivo. Ci rispondono
di attendere e dopo una decina di minuti si avvicina un gommone che ci
accompagna al nostro posto. Ormeggiamo accanto ad un Oyster 46 e a un Pershing
a motore. Qui facciamo conoscenza con Chris e Terry i nostri vicini inglesi.
Poi scendiamo a terra per informarci sulla possibilità di alare la barca a fine
novembre per fare carena e il tagliando motore. Gli uffici sono chiusi e
rinviamo il tutto a domani.
(Giornale di bordo)
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