Nella notte, con un leggero ritardo rispetto a quanto previsto, il vento forte è arrivato. Questa mattina in porto ci sono 28 nodi. Per come è posizionato, con l'ingresso rivolto ad est, vi entra un po' d'onda. Perciò, nonostante disponiamo di due trappe, decido comunque di allontanare la barca dalla banchina. La stessa cosa fa il Bavaria accanto a noi. Scambiamo due parole con i cinque componenti del suo equipaggio con il quale fino ad oggi ci siamo solo rivolti vicendevoli sorrisi. Vi sono due Andrej, due Sergej e un Hermann, tutti di nazionalità russa. Sono partiti alcune settimane fa dalla Croazia e sono diretti a Sebastopoli. Hanno tutti l'aria simpatica e peccato che l'ostacolo linguistico non ci abbia consentito di approfondire la loro conoscenza. Anche loro, come noi, attenderanno che il tempo migliori per ripartire. In mattinata arrivano in porto due 34 piedi da regata. Quello che ormeggia accanto a noi fa una manovra impeccabile, mentre il secondo, il cui skipper mi pare un po' meno esperto, fatica un poco. A guardarle bene hanno l'aria un po' malconcia, con righe e ammaccature un po' ovunque. Ed è forse per questo motivo che gli equipaggi non mi paiono curarsi troppo di come lasceranno le barche dopo l'ormeggio, con la poppa troppo a ridosso della banchina e senza nessun parabordo che le protegga. Poi, verso mezzogiorno fa ingresso un Beneteau 51 con due persone a bordo. Invece di ormeggiare di prua o indietreggiare di poppa dopo aver virato in uno spazio più largo all'ingresso del Marina, lo skipper fa la manovra in prossimità della banchina e delle altre barche senza tenere conto che il vento forte gli avrebbe intraversato rapidamente lo scafo. Cosa che avviene immancabilmente. Il risultato è che la sua elica prende una trappa, la barca diventa ingovernabile e la sua fiancata finisce con l'abbattersi sulla prua della barca accanto ad Habibti, sradicandogli il bompresso in carbonio. Solo l'immediato intervento del gommone del Marina evita maggiori danni. Con il vento forte da nord l'aria è gelida. Berretto di lana, guanti e giaccone imbottito non sono di troppo mentre nel pomeriggio facciamo una passeggiata nelle viuzze del centro. Qui si trova una torre con un orologio e scopriamo che il suo restauro è stato reso possibile anche grazie al contributo di diecimila lire in oro donate a suo tempo dal locale Vice Console onorario italiano. In passato la città si chiamava Dardanus dal nome del dio Dardanio, considerato il capostipite della dinastia troiana. Poi, nel periodo bizantino prese il nome di Dardanellia, da cui deriva il nome dello stretto su cui si affaccia. Questo fu poi modificato durante l'impero ottomano quando vi fu costruita una fortezza, ancora visibile, da parte del Sultano. Il suo nome odierno deriva invece dal suo legame con la produzione di ceramica: Canak kalesi, vale a dire "fortezza delle pentole", o, più semplicemente Canakkale. Oggi è una città universitaria, ricca di musei, tra cui uno della Marina, che purtroppo non siamo riusciti a visitare. Tra le sue curiosità è da segnalare la presenza sul lungomare di un modello in legno del cavallo di Troia, utilizzato nelle riprese del film "Troy" con Brad Pitt e poi regalato dalla produzione alla città. In effetti il sito archeologico di Troia si trova a soli 25 chilometri di distanza. La sua visita, visto che siamo da queste parti, potrebbe essere un buon programma per la giornata di domani.
(Giornale di bordo)
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