Il cielo è terso e la temperatura molto fredda. Sono gli effetti del forte vento da nord che continua imperterrito a soffiare incanalandosi con ancor più impeto nello Stretto. Decidiamo così di dedicare la giornata alla visita della penisola di Gallipoli, antistante Canakkale e diventata tristemente famosa per la terribile campagna militare che oppose Gran Bretagna, Francia e ANZAC (Australia e Nuova Zelanda) all'esercito Ottomano e che dal 25 aprile 1915 al 9 gennaio 1916 provocò più 250.000 tra morti, feriti e dispersi. Una serie di battaglie che impongono sicuramente il nostro rispetto per coloro che vi hanno combattuto su entrambi i fronti, ma la cui logica non fa certo onore all'essere umano. Con la nostra piccola Hyundai alle 10.30 prendiamo il traghetto che da Canakkale porta a Eceabat, dalla parte opposta dello Stretto. La traversata dura poco più di un decina di minuti. Arrivando a Eceabat non si può non notare il castello di Kilitbahir costruito dal Sultano Mehemet II Fatih nel 1452 e, oggi, perfettamente restaurato. Poco a nord del paese ci fermiamo a visitare l'azienda vinicola "Suvla". La cantina, dove è possibile degustare i loro vini, è molto curata e vi si possono trovare anche altri prodotti come marmellate, tonno e sardine in scatola, saponi e anche piatti e scodelle in ceramica. Tutto presentato benissimo e di ottima qualità. I due giovani che ci accolgono non parlano inglese, ma si è mai visto che due italiani e due turchi non possano comprendersi altrettanto bene a gesti? Assaggiamo alcune qualità dei loro vini, incluso il rosè, una tipologia di cui non sono mai andato pazzo, ma che qui, essendo molto secco, è decisamente particolare. Concludiamo la visita e la degustazione comprando 12 bottiglie assortite tra rossi, bianchi e rosè che ci facciamo sistemare accuratamente in due casse in cartone. Purtroppo il prezzo del vino in Turchia soffre della tassa sugli alcolici imposta negli ultimi anni dal governo. Una decisione che sicuramente non fa del bene ad un settore produttivo che in quel paese è veramente d'eccellenza. Raggiunta qualche chilometro più a nord la spiaggia di Kilye Kalesi, che durante la campagna di Gallipoli costituiva il principale punto di approvvigionamento per le truppe ottomane, attraversiamo la penisola fino alla spiaggia di Suvla, dove nell'agosto del 1915 avvenne uno dei più imponenti sbarchi degli alleati. Nel vedere oggi questo luogo, così ameno, e pensare che un secolo fa qui vi sono morti miglia di giovani e meno giovani, non solo fa un certo effetto ma suscita tanta rabbia. Soprattutto pensando che questa, come tante altre carneficine di cui si è reso responsabile l'essere umano nel corso dei millenni, non ci hanno insegnato nulla. Imperterriti continuiamo a ripetere gli stessi errori. All'ingresso di uno dei tanti cimiteri dove sono sepolti i militari alleati vi è una targa in ottone sulla quale è riassunta brevemente la storia della Campagna. Questa aveva l'obiettivo per gli alleati di garantirsi il controllo dello Stretto dei Dardanelli e conquistare successivamente Istanbul. Impossessarsi di quella città avrebbe significato da un lato spingere l'Impero Ottomano, che combatteva con le potenze centrali, fuori dal conflitto mondiale, dall'altro aprire la via di rifornimento verso la Russia, che in quel momento si trovava a fianco degli alleati. Dal punto di vista militare la campagna si sviluppò in diverse fasi. Prima vi fu l'idea di forzare lo Stretto con un azione navale, poi, fallito il tentativo, si optò per lo sbarco, che avvenne in diverse località contemporaneamente, ma che non fu risolutivo. Seguirono infatti lunghi mesi di guerra di trincea, con continui attacchi e contro attacchi da ambo le parti che provocarono decine di migliaia di morti, fino a quando, agli inizi del 1916 gli alleati, vista l'impossibilità di sfondare, decisero di ritirarsi. In breve, una catastrofe umanitaria per niente. Dopo la spiaggia di Suvla ci dirigiamo verso sud e superato il piccolo abitato di Krithia, anche questo tristemente famoso per le numerose battaglie che si svolsero nei suoi paraggi, visitiamo prima l'obelisco in memoria dei caduti britannici e poi il memoriale turco, entrambi già visti in lontananza dal mare. Quello turco, dove vi sono sepolti migliaia di soldati provenienti da ogni angolo dell'ex impero ottomano, dall'Egitto, alla Libia, dal Libano alla Siria, oltre che dalla Turchia, è anche una sorta di omaggio alla figura di Mustafa Kemal, che seppe ben sfruttare il ruolo che egli svolse durante quell'emergenza per raggiungere la presidenza della repubblica turca nata nel 1923. Tra tanta tristezza l'unica nota positiva che abbiamo colto è il grande rispetto che ancora oggi esiste per quest'area che ha visto in passato una simile tragedia. Tutta la parte della penisola nella quale vi furono gli scontri è infatti conservata come una sorta di mausoleo a cielo aperto. Pur prestandosi ampiamente allo sfruttamento turistico, essa rimane invece intatta come un tempo. Ritornati a Canakkale, prima di riconsegnare l'auto facciamo un salto in un centro commerciale alla periferia della città per alcuni acquisti. Infine, quando rientriamo in porto do uno sguardo all'anemometro: ci sono ancora 30 nodi.
(Giornale di bordo)
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