CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







giovedì 1 agosto 2019

Canakkale - Bozcaada


Dopo che i nostri vicini si sono trasferiti sottocoperta, il resto della notte è trascorsa tranquilla. Oggi le miglia da percorrere sono solo 25 e quindi abbiamo tutto il tempo a disposizione. Mentre, dopo colazione, sto riempiendo il serbatoio dell'acqua, uno dei ragazzi della barca accanto nello scendere a terra fa cadere le sue scarpe in acqua. Lo aiuto a recuperarle e ne approfitta per scusarsi per il disturbo arrecato la notte precedente. Gli dico che non è stato un problema e che se non fosse stato che la mattina precedente ci eravamo svegliati molto presto e che avevamo avuto una lunga giornata alla spalle ci avrebbe fatto piacere condividere la loro compagnia. Ed è vero. Lui è americano, nato a Las Vegas e dai tratti somatici si deduce che deve essere di origine asiatica. Sta accompagnando il suo amico proprietario della barca in giro per il Mediterraneo. Sono partiti da Barcellona 18 mesi fa ed ora hanno intenzione di andare in Mar Nero. Il vento da nord-est è rinforzato rispetto a ieri e quindi potremo raggiungere l'isola di Bozcaada a vela. Lasciamo l'ormeggio in tarda mattinata e scendiamo lo Stretto lungo il lato meridionale tenendoci al di fuori del tratto di mare riservato al traffico mercantile che oggi è decisamente più intenso rispetto a ieri. Al momento di aprire le vele ricordo che quando entrammo nei Dardanelli ad aprile a tela spiegata ci si era avvicinata una lancia della polizia chiedendoci di proseguire a motore. Pertanto anche oggi percorriamo in questo modo le 10 miglia che ci portano in mare aperto. In questo tratto la corrente è decisamente più forte rispetto a quella incontrata ad est di Canakkale, tanto che raggiungiamo capo Kumkale Burun in meno di un'ora e mezzo. Sul capo è posta la torre di un faro alta una trentina di metri, mentre sul lato opposto si vedono evidenti l'obelisco e il parallelepipedo in granito che ricordano, rispettivamente, i caduti britannici e turchi della campagna di Gallipoli. Superato il capo ci teniamo ad una certa distanza dalla costa per evitare una zona di bassi fondali, segnalati anche da una meda. Con un bel vento al traverso sui 12 nodi apriamo finalmente il gennaker. Si viaggia che è una meraviglia, spinti anche da una discreta onda al giardinetto. Lasciamo l'isolotto di Tavsan Adasi sulla dritta e puntiamo su Bozcaada, un'isola che Umit ci aveva detto essere meritevole di una sosta e dove pertanto vorremmo fermarci per un paio di giorni. Mentre navighiamo, su internet troviamo il recapito telefonico del porto e ci assicuriamo di trovar posto. "Nessun problema", ci rispondono dall'altra parte. Non ne dubitavo, considerato che in questi giorni per mare non abbiamo incontrato nessuno, ma resta comunque mia sana abitudine, se ve ne è la possibilità, accertarmi preventivamente circa la disponibilità di posti nei porti nei quali intendiamo fermarci. Quello di Bozcaada si trova nella parte nord orientale dell'isola e risulta ben protetto dai venti prevalenti. Qui, per la prima volta da quando siamo partiti da Istanbul troviamo diverse barche ormeggiate. Quelle a vela, nonostante il fondale in prossimità della banchina sia elevato, lo sono tutte di prua. Metà della lunga banchina è comunque vuota e un ormeggiatore ci fa segno di affiancarci ad un Oceanis 52. Mentre mi avvicino, il suo proprietario, un signore attempato con capelli e baffi bianchi, si fionda immediatamente a controllare che non si vada troppo vicino alla sua barca. Anche noi ormeggiamo di prua, prendendo la trappa che l'ormeggiatore ci passa facendo un po' di pasticci. Terminato l'ormeggio metto la scaletta per scendere dal pulpito e mentre la sto sistemando, sempre dall'Oceanis, un ragazzo con accanto il signore di cui sopra mi dice: "Mio padre mi ha detto di farvi presente che è meglio che allontaniate un altro po' la prua dalla banchina perchè il traghetto crea un po' d'onda in porto". Lo ringrazio del consiglio, ma guardando la distanza che separa la nostra scaletta dal molo noto che essa è decisamente superiore a quella che c'è tra quest'ultimo e la prua della loro barca. Nel corso della giornata, mentre prima di andare in paese facciamo un bagno e pranziamo a bordo, notiamo che il signore in questione non smette un attimo di controllare e ricontrollare che tutto ciò che gravita intorno alla sua barca sia in perfetto ordine. Di tanto in tanto, poi, impartisce in turco secchi ordini al figliolo, che ha superato abbondantemente la ventina e che scatta come una molla,. Tutto ciò mentre la moglie è seduta silente in un angolo del pozzetto. Il personaggio ci da tanto l'impressione di essere un militare, tanto che verrà da noi soprannominato "il Generale". Dal pozzetto godiamo di una bellissima vista sul porto e sulla retrostante fortezza restaurata di recente. Bozcaada, anticamente chiamata Tenedos, ha una storia estremamente interessante. Con quest'ultimo nome è citata numerose volte nell'Iliade in quanto dietro ad essa si nascosero le navi degli Achei allorquando simularono la loro partenza da Troia, prima di farvi ritorno e conquistarla grazie allo stratagemma del cavallo in legno. Nell'antichità rimase sempre legata ad Atene, poi divenne romana e più tardi un possedimento bizantino fino a che nel 1375 Giovanni V Paleologo la cedette a Venezia, ma il suo successore tentò di toglierla ai Veneziani per cederla a Genova. Ne nacque un conflitto che vide, nel 1377, perdente Genova. La fortezza, di origine bizantina fu pesantemente rimaneggiata da Veneziani, Genovesi e poi dagli Ottomani che ebbero il controllo dell'isola per molti secoli a seguire. Nel XIX secolo l'isola fu a lungo contesa tra Greci e Turchi fino a quando nel 1923 con il Trattato di Losanna essa fu definitivamente consegnata alla nascente Turchia di Ataturk. Il che provocò negli anni successivi l'emigrazione di tutte le famiglie greche residenti, nel quadro della più ampia campagna di scambio di popolazioni che caratterizzò quel periodo della storia tra Grecia e Turchia e che lasciò da entrambe le parti una ferita che ancora oggi stenta a rimarginarsi. La fatidica data del 1923 è riportata un po' ovunque sui monumenti e gli edifici pubblici di Bozcaada che oggi, con la piu' grande Gokceada che si trova un poco più a nord, sono le sole due isole turche nell'Egeo. Il paese è vivace ed accogliente. Ristoranti, bar, negozi lungo le vie nelle quali ci perdiamo curiosando. Anche il resto dell'isola deve essere interessante e così per visitarla prenotiamo per domani un piccolo fuoristrada Suzuki. Bozcaada è anche famosa per i suoi vigneti e pertanto non possiamo esimerci dal comprare nello spaccio dell'azienda vinicola "Corvus" una cassa di vini bianchi e rossi locali da inserire nella nostra enoteca di bordo. Qui compiangiamo la giovane e disponibile commessa del negozio che deve trascorrere le sue giornate in compagnia di una vecchia arpia responsabile del negozio, che non parla una parola d'inglese, che non capisce niente di ciò che vorremmo comprare e che la tratta malissimo. Un incontro, decisamente più gradevole, lo facciamo invece in un negozio di oggettistica dove entriamo per comprare l'ennesimo gallo in ceramica per la collezione di mia madre. Nel sentirci parlare tra noi, dal retro del negozio spunta una bella ed elegante signora che in un italiano impeccabile ci dice di essere la proprietaria. Essendo turca, le chiedo dove abbia imparato così bene la nostra lingua. Mi risponde dicendomi che ha frequentato la scuola italiana di Istanbul, dove ha studiato anche la figlia, che ci presenta. Questa il prossimo anno frequenterà la facoltà di ingegneria al Politecnico di Milano. Fa piacere constatare che il nostro paese riesca ancora ad attirare qualcuno e che non vi sia solo una perdurante fuga di giovani all'estero. Trascorriamo la serata a bordo. Sulla barca del "Generale" sono tutti seduti in pozzetto, ma vige il più rigoroso e militaresco silenzio.

(Giornale di bordo) 

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