Svegliati con calma. La perturbazione di ieri si è dileguata e stamattina c’è un bel cielo sereno. Le barche della flottiglia e le altre alla fonda nelle diverse baie di Ay Yeoryios se ne vanno nella prima mattinata. Così deserto il posto è davvero incantevole tanto che decidiamo di fermarci qui un altro giorno. Scendiamo a terra a nuoto mettendo i vestiti e le scarpe dentro la sacca impermeabile. Ma prima aggiungo un’altra cima che segnalo con un parabordo dalla prua di Habibti fino a terra. In questo modo il vento che Habibti ora ha al traverso non rischia di far spedare l’ancora nel caso questo dovesse aumentare mentre non siamo a bordo. Per raggiungere la spiaggia evitando di risalire fino al crinale sovrastante e poi ridiscendere dobbiamo superare alcune rocce con una facile arrampicata. La baia antistante il villaggio sul porto è veramente incantevole. Sul molo del traghetto c’è l’unica pompa di benzina dell’isola, non lontana dalla taverna di George di fronte alla quale sono ormeggiate alcune barche di pescatori con le loro reti ben raccolte davanti. Nella parte settentrionale del molo c’è anche una colonnina per l’acqua. Peccato per il generatore che sbuffa alle spalle del bar che si affaccia sul piazzale e che disturba la quiete del luogo. Poi ci incamminiamo lungo la ripida strada asfaltata che conduce a Megalo Chorio, l’abitato più grande dell’isola. All’altezza di un tornante c’è una chiesa che però troviamo chiusa. Un poco più in là è stata costruita la centrale che fornisce l’elettricità all’isola. Anch’essa è un po’ rumorosa e compromette la vista, è un po’ anche la tranquillità, dell’unico hotel del villaggio. Il paesino di Megalo Chorio è minuscolo. Da qui, sul versante opposto della collina, si possono vedere le poche case di Micro Chorio e, accanto a questo, una grande struttura bianca utilizzata per raccogliere l’acqua piovana. Giunti in paese, passiamo accanto alla scuola, in un momento di ricreazione. Alunni ed insegnanti sono nel cortile e stanno giocando a pallacanestro. Poi incrociamo i soliti gatti, molti dei quali placidamente distesi al sole. La temperatura è quasi estiva. Al centro dell’abitato, sulla piazza, c’è il monumento ai caduti. I pochi abitanti ci salutano con un “kalimera” o uno “iasas”, al quale replichiamo. Usciamo dal paese lungo una stradina secondaria ripidissima che passa accanto ad una caserma. I pochi militari qui di stanza devono fare una vita estremamente rilassata. Davanti a noi vediamo un’altra coppia con sacco in spalla che si sta dirigendo verso Katheliko, una località sulla parte opposta dell’isola. Dalla strada panoramica si gode una bella vista sulle baie poste sul suo lato settentrionale. In una di esse, davanti all’isolotto di Nisos Glaros, vediamo alla fonda la barca a vela che ieri era ormeggiata con una cima a terra nella baia con fondo cattivo genitore. Sempre lungo la strada notiamo dei piccoli “bunker” che sovrastano le sottostanti insenature. Sono rivolti verso la non lontana Turchia, il nemico atavico, apparentemente ancora oggi, nonostante i due Paesi siano entrambi membri della NATO. Viviamo proprio in uno strano mondo! Superiamo gli altri due escursionisti, che vediamo un po’ affaticati e che ci ricambiano il saluto con uno stentato “good morning”. Proseguiamo lungo la strada per un paio di chilometri, fino al punto in cui essa comincia a ridiscendere sull’altro lato dell’isola dove ci sono numerosi allevamenti ittici, poi torniamo sui nostri passi. Scesi nuovamente al porto vi troviamo una barca a vela battente bandiera tedesca alla fonda e l’Hallberg Rassy 342 francese che avevamo incontrato a Fournoi ormeggiato di poppa in banchina. Scambiamo altre due parole con un paio dei membri del suo equipaggio. Ci dicono che ieri si sono fermati ad Arki, un’isola poco lontana dove noi intendiamo andare domani. Sono quattro amici, ormai in pensione, che possiedono tutti una barca che però tengono in luoghi diversi, alcuni in Mediterraneo altri in Bretagna. In questo modo, mi fanno notare, poiché ciascuno mette a disposizione degli altri la propria, ogni anno riescono a visitare posti diversi senza avere la necessità di affrontare lunghi trasferimenti. Avendo trovato chiusa la taverna di George, ci sediamo sulla terrazza del bar davanti alla baia. I proprietari ci dicono che quest’anno è il loro ultimo giorno di apertura. Restiamo seduti lì una buona parte del pomeriggio osservando l’arrivo di nuove barche nella baia. Un paio di esse si dirigono anche nell’insenatura dove si trova Habibti. Verso il tramonto torniamo in barca e ceniamo in pozzetto prima che venga buio. Agathonisi ci è piaciuta molto, anche se per essere ottobre è ancora abbastanza frequentata dai diportisti.
(Giornale di bordo)
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