CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







giovedì 10 ottobre 2019

Ay Yeoryios (Agathonisi) - Porto Augusta (Arki)


Essendoci abituati ad andare a dormire molto presto anche la sveglia in questi ultimi giorni è anticipata. Questa notte, in assenza di vento, vi è stata parecchia umidità. Tuttavia sono stati sufficienti i primi raggi di sole per far sì che ponte e tuga cominciassero ad asciugarsi. Ne approfitto per fare un po' di yoga a prua. Tenuto conto del numero di barche ancora in circolazione decidiamo di non tardare a partire, in modo da essere certi di trovare posto sulla piccola banchina di Porto Augusta sull’isola di Arki, 12 miglia a sud-ovest. E così, alle 8,30, mentre su tutte le altre barche non vediamo ancora nessun segno di attività a bordo, togliamo le cime a terra, recuperiamo l’ancora e partiamo. Usciti dalla baia di Ay Yeoryios troviamo un bel vento da nord-est che ci spinge veloci al gran lasco. Puntiamo diretti su capo Ak. Koumaro, la punta settentrionale di Arki. La navigazione a vela è divertente e Habibti cavalca a dovere le onde che prende al giardinetto. Prima di raggiungere il capo incrociamo un’altra barca a vela che risale il vento a motore. In effetti, appena ci troviamo dietro al ridosso dell’isola il vento scompare. Abbassiamo le vele e dopo una ventina di minuti entriamo nella baia ultra protetta di Porto Augusta. Sulla banchina c’è una sola barca a vela battente bandiera svizzera. Roland, il suo skipper, ci aiuta nell’ormeggio passandoci le cime che gli lanciamo da poppa. È in crociera insieme alla famiglia, composta, oltre che dalla moglie, dalla giovane e graziosa figlioletta. Scendiamo a terra e dopo aver fatto due passi per sgranchirci le gambe ci sediamo sotto il pergolato di “O Tropos”, una della tre taverne che ci sono sul porto. Arki è popolata da soli 44 abitanti. Katerina, la proprietaria della taverna, di origine ucraina, ma sposata da 20 anni con Manolis, ci dice che sull’isola c’è anche una scuola, con un solo allievo che frequenta le elementari ed un insegnante. E’ molto probabile, aggiunge, che una volta che l’attuale scolaro terminerà il suo ciclo di studi, la scuola chiuderà per non riaprire mai più. Tutte le giovani famiglie di isolani che hanno figli piccoli hanno ormai lasciato l’isola per trasferirsi nella vicina Patmos o sulla terra ferma. Guardandoci intorno, Arki e’ veramente incantevole. A parte le poche case che sovrastano il porto e quelle che si affacciano sulle due piccole baie che si trovano a sud di quest’ultimo, il resto dell’isola è deserta. Il fatto di essere così poco popolata, continua Katerina, rende anche impossibile poter disporre in loco di una vera e propria assistenza sanitaria. “Ad Arki non si può che godere di ottima salute”, commenta sorridendo. Per qualsiasi problema, infatti, la clinica più vicina è a Patmos, che si può raggiungere con il traghetto giornaliero, ma se la questione è più seria occorre rivolgersi agli ospedali di Atene o di Rodi e in questo caso i costi di trasporto sono molto elevati, soprattutto per chi non può permettersi di pagare i soldi per un’assicurazione. Tutte realtà, queste ultime, che chi è soltanto di passaggio spesso non coglie, limitandosi a vedere dell’isola solo gli aspetti positivi. Anche dal punto di vista economico non sono tutte rose e fiori. La stagione turistica è breve, i costi per chi ha un’attività commerciale non sono trascurabili e anche chi vive di pesca o pastorizia certo non si arricchisce. Mentre parliamo di queste cose con Katarina e Manolis, in banchina attraccano un paio di altre barche a vela. Una di queste l’avevamo già vista ad Agathonisi. È un Bavaria 40 Cruiser con bandiera norvegese. L’altra è un Westerly 36 con la “Union Jack” a poppa ma la bandiera scozzese sotto le crocette di sinistra. A bordo del Bavaria c’è Rune, un quarantacinquenne norvegese che conosciamo nella taverna di Manolis. Ci racconta di aver lavorato per diversi anni sulle piattaforme petrolifere del Mare del Nord. Una vita dura, ma che gli ha consentito un buon guadagno che egli ha investito nel settore immobiliare. Poi, qualche anno fa, ha deciso di vendere tutto, comprare una barca e scendere in Mediterraneo dove ora naviga un po' da solo e un po’ con Simona, la sua fidanzata, nei periodi in cui lei non ha impegni di lavoro. Poiché navigare nei mari del Nord fa parte dei programmi che vorrei realizzare un giorno, raccolgo da Rune un bel po’ di interessanti ed utili informazioni al riguardo. Sul Westerly, invece, vi sono Dale e Linda, una simpatica coppia di scozzesi che conosceremo meglio nei giorni seguenti. Verso sera facciamo due passi in direzione delle due baie a sud di Porto Augusta, dove vi sono alcune barche alla fonda. A parte le solite capre, vi sono anche un paio di cavalli, purtroppo entrambi legati ad un palo con una lunga corda fissata ad una zampa. Entriamo nella limitrofa chiesa dai classici colori bianco e azzurro. Come tutte le chiese ortodosse, è ricca di icone ed immagini dipinte. Cio' che ci colpisce e' che tutti i volti dei vari ritratti hanno un'espressione alquanto triste. Dopo il pranzo odierno non ci va di metterci a cucinare e quindi, proprio per non saltare del tutto la cena, compriamo due porzioni di calamari fritti da Manolis che mangiamo seduti in pozzetto con una delle ultime bottiglie di vino bianco italiano che ci sono rimaste. Le porzioni sono decisamente abbondanti e ne terminiamo una sola. Il resto dei calamari lo utilizzeremo domani per fare un buon sugo per la pasta. Un tale ben di Dio non può certo andare perduto.

(Giornale di bordo)

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