CRONACA, LETTERARIA E NON, DELL'ANDAR PER MARE







lunedì 9 maggio 2022

Polemos Buku


Il cielo è leggermente velato. Fatta colazione scendiamo a terra con il tender ormeggiando al più lungo dei due pontili. Appartiene ad uno dei due ristoranti che si trovano sul fondo della baia e che dispone anche di alcune camere piuttosto modeste. Il proprietario, un anziano signore, ci indica il sentiero per raggiungere la limitrofa baia di Akar Bogazi, dove si trovano le rovine dell'antica città di Aperlae. E' marcato da segni di vernice bianchi e rossi e costituisce una parte della Via Licia, un sentiero escursionistico lungo quasi 500 chilometri. Lo percorriamo attraversando un'ampia radura dove pascolano indisturbate alcune mucche che si accompagnano ad un asino. Sembrano i personaggi di una favola di Esopo. La parte più interessante del sito archeologico è costituita dalla necropoli dove sono visibili numerosi sarcofagi in pietra dalla classica forma a tempietto con scolpite alcune iscrizioni. Alcuni di essi si trovano ora sotto il livello del mare nella baia antistante, ma la maggior parte sono sulle pendici della collina sovrastante. Purtroppo, con l'aumentare della calura arrivano anche le mosche. Poco si sa sulla storia della città. I primi riferimenti letterari risalgono solo all'impero romano, quando Aperlae apparteneva alla provincia di Licia e Panfilia e fu associata alle vicine città di Apollonia, Isinda e Simena. Nel 141 d. C. essa venne distrutta da un violento terremoto, ma intorno al 240 d. C. era nuovamente fiorente tanto da divenire sede di un vescovo. Ancora oggi esiste la diocesi di Aperlae. Oltre alla necropoli sono ancora visibili le rovine di parte delle mura e di due chiese bizantine. Sul fondo della baia ci sono un paio di abitazioni, una delle quali offre un servizio di pensione. Rientrati a Polemos Boku, nel ristorante compriamo un po' di pane e delle uova. Le due barche a vela sono ancora in rada. Nel corso della giornata assistiamo al solito via vai di piccole barche a motore. Nel pomeriggio, sulle montagne dell'interno si accumulano dei minacciosi nuvoloni neri e nella baia si alza un forte vento da ovest. L'ancora, che fino a questo momento aveva tenuto perfettamente, comincia ad arare un poco. Ridiamo fondo calando 50 metri di catena su 8 di profondità. Verso sera il vento si calma. Curiosando sul web leggiamo un'ottima recensione riguardo a "Yuruk Ramazan", il secondo dei due ristoranti in fondo alla baia. Pare facciano delle patate fritte buonissime. Decidiamo di andare a verificare. Mentre ci apprestiamo a scendere a terra, un charter di gente maleducata che ci fa un rasatino a tutta velocità ormeggiando  all'inglese sul pontile di sinistra. Le patatine di Ramazan sono davvero spettacolari: spesse, croccanti e gustose. Fanno da companatico ad un piatto gigante di ali di pollo alla griglia altrettanto gustose. Paghiamo 350 lire turche, vale a dire 22 euro, comprese due birre. Qui facciamo la conoscenza di una coppia di attempati tedeschi che hanno un po' l'aria di ex figli dei fiori. Sono gli armatori di una delle due barche a vela che si trovano in rada. Ci dicono che sono molti anni che frequentano questa zona, ma che oramai in estate c'è troppa gente e così preferiscono navigare fuori stagione lasciando la barca al Marina di Fethiye per il resto dell'anno. Un po' come facciamo noi. Tornati in barca, come digestivo assaggiamo lo tzipuro artigianale comprato a Rodi. Siamo già a letto quando sentiamo passarci accanto "offshore" con dei motori dal rumore cupo e potente. Ci sfila lentamente accanto ed ormeggia ad uno dei pontili. Poi tutto torna nuovamente silenzioso e ci addormentiamo.
 
(Giornale di bordo)

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